Proseguono i lavori del sinodo sull’Amazzonia; per la precisione in questa seconda settimana si dividono tra assemblee generali e lavori di gruppi. La prima bozza di documento finale verrà presentata lunedì 21 per essere ulteriormente emendata fino alla presentazione finale il venerdì successivo. Infine, la votazione il 26 ottobre. Diversi sono stati gli argomenti affrontati, in particolare molto rilevante è stata la testimonianza sulla difficoltà di evangelizzazione del popolo yanomani: organizzato in villaggi e senza una particolare gerarchia sociale, tale popolo vive nelle profondità dell’Amazzonia, scevro da ogni contato con la modernità, la cui economia è ancora quasi ferma al Neolitico: caccia, pesca e un’agricoltura di puro sostentamento nonché nomadismo. Ciò che però rende molto difficoltoso il contatto con tale popolo, oltre alla fede spiccatamente animista, è la mancanza di una coscienza civile pacifica per cui spesso tra le tribù scoppiano guerre violente e sanguinarie rese ancora più atroci dalla pedagogia estremamente aggressiva, per cui sin da bambini gli yanomani vengono allevati al culto della violenza. “Abbiamo compreso che per evangelizzare dovevamo conoscere gli Yanomami, i loro sentimenti, i loro sogni” afferma il missionario salesiano padre Civati “Col primo gruppo, il cammino di preparazione è andato avanti per nove anni. Alcuni hanno lasciato. Altri sono arrivati al Battesimo e sono stati il seme di una Chiesa Yanomami. Il Vangelo non toglie niente alla loro identità. Il cristianesimo conserva il buono che c’è in ogni cultura aiutando, al contempo, i popoli a crescere. Gli Yanomami, ad esempio, si sono resi conto che il valore evangelico del perdono consentiva loro di risolvere in modo più efficace i conflitti”. Evangelizzare, quindi, non significa solo civilizzare, ma anche come civilizzare.

Altro tema centrale è la questione migratoria (a dimostrazione che non tocca solo il nostro opulento occidente): realtà complessa e variegata ha molte cause: socio-politiche, climatiche, di persecuzione etnica ed economiche, queste ultime indotte perlopiù da progetti politici, grandi opere e imprese estrattive, che attraggono lavoratori ma allo stesso tempo allontanano gli abitanti da questi territori. E l’aggressione all’ambiente in nome dello “sviluppo” ha drammaticamente peggiorato la qualità della vita delle popolazioni amazzoniche, sia urbane che rurali, a causa della contaminazione e della perdita di fertilità del territorio. “Siamo di fronte a una crisi umanitaria” afferma Marcia María de Oliveira, studiosa delle culture amazzoniche ed esperta in Storia della Chiesa in Amazzonia.

Non ultime le questioni dei preti sposati e del sacerdozio femminile. Si sta delineando l’idea di “preti part-time”: cacciatori, pescatori o contadini che però si occupino anche dell’amministrazione di taluni sacramenti. Contro i viri probatiin aula si levano le voci di padri sinodali che temono uno svilimento generale del celibato sacerdotale, oltre a quelle di chi considera la questione di carattere universale e pertanto da mettere sul tavolo  di un prossimo sinodo ordinario generale. Sul versante della partecipazione femminile alla vita di Chiesa sembra scontato un generico passaggio nel documento  conclusivo sulla necessità di assegnare ministeri ufficiali laicali anche alle donne. Si tratterebbe dei ruoli di accolito e lettore, ma potrebbe anche essere creato ex novoil servizio di animatrice pastorale. Di fatto le donne nei villaggi indios svolgono già questi servizi. Si tratta ora di riconoscerli pienamente. A sorpresa nel dibattito al sinodo ha fatto capolino il tema del diaconato femminile, con alcuni padri che si sono espressi a favore. Per taluni la via delle diaconesse sarebbe preferibile rispetto al clero uxoratoanche nell’ottica di scongiurare un rafforzamento della clericalizzazione nella Chiesa.

A tal proposito ha fatto scalpore l’intervento della suora benedettina Irene Gassman: già soprannominata “la papessa” dalla vulgata giornalistica, suor Irene ha espresso più volte le sue convinzioni sulla necessità di un riconoscimento maggiore delle donne nella chiesa: “Le donne possono studiare Teologia, possono insegnare. Tuttavia, nei casi in cui è necessaria l’ordinazione sacra, vengono escluse. Questo è incomprensibile per molte di loro, così come per tanti uomini di oggi. In tante si sentono straniere nella Chiesa”ha affermato con forza. A suo parere la giustizia di genere dovrebbe essere una delle questioni centrali della chiesa di oggi: “Ritengo sia bene che donne e uomini di provata fede siano proposti al vescovo locale dalle comunità per amministrare i sacramenti. In un convento, ad esempio, la suora che accompagna le consorelle anziane e malate potrebbe ricevere la missione di dare l’unzione degli infermi; la religiosa, che accompagna spiritualmente le persone, potrebbe confessare”. Insomma, forse non ce ne accorgiamo, ma il dibattito all’interno della chiesa su questi temi è veramente molto intenso e, cosa molto importante, è un vero e proprio dibattito: la partecipazione, anche critica, di tutte le componenti ecclesiali (laici, consacrati, cardinali vescovi, ecc..) è la condicio sine qua nonaffrontare tali tematiche. Il nostro grosso rischio è però quello di guardare a questo confronto un po’ di sottecchi per poi essere travolti (come accadrà) dalle polemiche giornalistiche che appiattiranno il tutto con una semplicistica polarizzazione tra “chi vuole i preti sposati e/o le donne prete” e “chi è contrario perché contro la tradizione”; ecco questo sarebbe veramente irrispettoso se anche noi (cattolici presenti, frequentanti….e anche pensanti!) cadessimo in una simile banalizzazione.