Quarta e ultima parte della riflessione di Serena Noceti
La prima proposta che è necessario promuovere, spesso partendo dal vuoto di attività pastorale, è quella che coinvolge i bambini tra 0 e 6/7 anni e le loro famiglie. In molti casi le parrocchie propongono i genitori due o tre incontri di riflessione sul battesimo, previi alla celebrazione; segue una lunga fase di silenzio e di assenza di proposte da parte della comunità cristiana ai genitori. Per interrompere l’automatismo “incontri di preparazione-sacramento” può essere utile iniziare a pensare un cammino di formazione alla nascita dei figli, che inizi già dalla gravidanza, in parallelo e in coordinamento con i corsi di formazione al parto e alla genitorialità che molti genitori frequentano. Diventa poi essenziale iniziare, con coraggio e determinazione, a promuovere itinerari di catechesi postbattesimale: prendere sul serio il battesimo celebrato, sostenere e formare i genitori, convocandoli in modo sistematico e personalizzato per 4/5 incontri parrocchiali ogni anno, nell’arco di 6-7 anni di cammino, per aiutare il cammino formativo di genitori e bambini in questa fase così delicata ma anche così significativa per la formazione umana. Una ripensamento complessivo della catechesi per la fascia di età successiva, oggi richiesto a gran voce da molti catechisti e responsabili diocesani della catechesi, potrebbe comportare due livelli di cambiamento: operare per ritornare alla successione teologica dei sacramenti di iniziazione (battesimo, cresima, “prima comunione”) e coinvolgere attivamente i genitori, come soggetti adeguati e formati nell’annuncio della fede e nella trasmissione delle parole della fede, già dalla primissima infanzia. Si tratta di offrire ai genitori una più adeguata coscienza di ruolo, strumenti per crescere da credenti, suggerimenti e strumenti per comunicare sulla fede con i figli, occasioni e modalità per vivere da credenti con i figli, facendosi evangelizzare da loro. Il servizio proprio della comunità cristiana a questo riguardo, perché questo avvenga, deve muoversi intorno a tre direttrici: formazione dei genitori (non solo quelli uniti dal sacramento del matrimonio, ma tutti coloro che – singoli o coppia – si sono avvicinati alla comunità chiedendo i sacramenti per i propri figli), promozione e sostegno al compito educativo nelle sue diverse modalità (familiari e di comunità). Non ci si può limitare a informare le famiglie o a proporre loro incontri di formazione, in cui sono destinatari più o meno passivi di una trasmissione di contenuti dottrinali, da apprendere, spesso avvertiti come lontani dalla vita, poco significativi, spesso scontati per tematiche e linguaggio. Gli incontri con gli adulti devono essere “adulti” nella forma, nel linguaggio: gli adulti apprendono a partire dal loro quadro interpretativo dell’esistenza, dalle loro esperienze, vogliono essere ascoltati e riconosciuti come persone responsabili, vogliono vedere rispettati i loro bisogni e ritmi di vita, desiderano essere coinvolti attivamente in una ricerca dagli esiti non scontati. Ancora più profondamente le comunità cristiane sono invitate a “imparare il vangelo dalle famiglie”, dalla logica delle relazioni familiari. Alcune esperienze di vita vissute in famiglia sono uniche (cura, dono della vita, veder crescere, attendere, vegliare, relazione uomo donna, quotidianità, valore del corpo, intimità, …) e hanno a che fare con il vangelo; possiamo comprendere la forza del vangelo e dell’amore proprio cogliendone implicazioni e stile dalla famiglia. Questo permetterà anche di sviluppare un linguaggio nuovo per dire la fede, di cui si avverte l’urgente necessità. Modelli differenti sono stati pensati e sperimentati negli ultimi decenni per coinvolgere in forma attiva e nuova le famiglie nella catechesi dei ragazzi. Accanto al modello della “catechesi familiare (delle famiglie)”, in cui alcuni accompagnatori formano i genitori che a loro volta fanno catechesi in famiglia ai loro figli, si è sviluppato in molte diocesi un modello di “catechesi con le famiglie”, nella linea già prima ricordata di offrire un sostegno ai genitori sul piano educativo e di cercare collaborazione attiva con loro, al fine di abilitarli alla relazione educativa sulla base della fede cristiana. Infine, si va diffondendo un modello di “catechesi in famiglia e in comunità” (dal post-battesimo alla “catechesi a 4 tempi”) che vede il livello della vita familiare (con i suoi tempi, gesti, riti, di annuncio della fede cristiana) insieme ai momenti formativi nella comunità. Il modello catechistico deve essere logico, progressivo, rispondente alla pedagogia del bambino e alla formazione dell’adulto, ma soprattutto deve essere capace di valorizzare le relazioni significative già presenti (quella genitori-figli in primis) e quelle attivabili (l’appartenenza alla comunità, la relazione genitori-catechisti). Le proposte richiamate hanno un punto di forza, ben radicato e ricco di virtualità: uniscono il riconoscimento della richiesta della catechesi pre-sacramentale da parte dei genitori alla proposta di “incontri adulti” (di solito biblici) di riscoperta della fede. Si riconosce la “forza della domanda” dei genitori, si prende sul serio la domanda dei sacramenti da parte dei genitori , riconosciuti anche in questo come primi responsabili dell’educazione cristiana, si riconosce che essa è “domanda di fede”, seppur parziale e debole, e la si serve nel suo sviluppo concreto e possibili, con passaggi progressivi. […] Si rompe così quell’automatismo “colpevole” della comunità, che alla richiesta dei genitori immediatamente pone la “risposta” del sacramento, ma si limita a questo, lasciando poi soli il bambino e i suoi genitori. Dal diritto ai sacramenti ai sacramenti la comunità deve passare alla scelta di immettere tutti (anche se stessa) in un percorso mai finito di vita cristiana, nella fede, alla luce della Parola di Dio. La sfida che sta oggi davanti alle comunità è saper costruire le condizioni del cammino comune, di coeducazione alla fede di tutti.