1. A porte chiuse

I discepoli a porte chiuse. In lockdown.

E, come sappiamo bene, si sta in lockdown solo per paura.

Anche noi, come i discepoli, siamo a lungo stati chiusi nel timore.

E ci riapriamo oggi, proprio oggi, giorno di Pentecoste.

Per ricevere anche noi, come i discepoli, il dono più necessario, quello di cui abbiamo veramente bisogno: il dono della pace.

Essi ne hanno bisogno perché hanno tradito Gesù, lo hanno abbandonato. Hanno peccato di quel peccato per il quale erano stati a lungo avvertiti da Gesù. Inutilmente. Nel momento della prova tutti lo hanno abbandonato, nessuno è rimasto assieme a lui, pur avendo proclamato la loro fedeltà.

A loro Gesù dice “pace”. Porta il suo perdono. Li apre ad un nuovo inizio.

Anche noi ne abbiamo bisogno. Perché abbiamo forse anche noi peccato in questo tempo, magari di un peccato diverso, di un tradimento diverso. Forse ci siamo lamentati, forse abbiamo guardato soltanto a noi stessi e alla nostra paura. Forse siamo stati incapaci di accettare le limitazioni come occasione di ascolto, di essenzialità, di conversione. Forse abbiamo buttato via questo tempo difficile e prezioso…

A noi, come a loro, Gesù dice “pace”. Porta il suo perdono. Ci apre ad un nuovo inizio.

E con questa pagina del Vangelo si rivela il vero volto di Dio, che non è giudizio di condanna, ma parola di perdono. Parola di fiducia. Parola che inaugura un tempo nuovo al di là e oltre il nostro errore e il nostro peccato.

Il Signore risorto non ritorna a “mettere in riga i suoi”, ma a rimetterli in gioco, a farli ripartire. Ad aprirli ad una nuova avventura, attraversando le loro “porte chiuse”.

  1. Una chiesa dalle porte aperte

Forse memore di questo racconto del Vangelo Papa Francesco ci ha detto che vuole una chiesa dalle porte aperte (EG 46).

Le porte aperte non significano soltanto accoglienza per tutti, che è già molto importante.

Le porte sono aperte quando ci si fida degli altri. Come avveniva un tempo, quando nessuno chiudeva le porte di casa, quando si lasciava la chiave sulla porta ed era normale che fosse così. Non che non esistessero i ladri… certo, c’era poco da rubare, ma soprattutto c’era la fiducia. L’altro poteva venire ed entrare. C’era, nei tanti limiti anche allora presenti, una diversa fiducia, un diverso modo di vivere la comune avventura umana.

Una Chiesa dalle porte aperte non è solo una Chiesa che accoglie, ma anche una Chiesa che si fida.

Una Chiesa che dà fiducia. Che invita tutti a ricominciare. Anche dopo l’errore.

Perché la Chiesa nasce qui: da questo gesto di Gesù che la fa ricominciare dopo l’errore, dopo il peccato. La Chiesa è nata da una fiducia immeritata ricevuta dal suo Maestro.

E allora perché, tante e tante volte, la Chiesa ha criticato o critica? Ha stigmatizzato o puntato il dito? L’umanità di oggi, così ferita e così acciecata ha bisogno di un rinnovato surplus di fiducia. Ha bisogno di chi creda nell’uomo. Di chi dica: “coraggio, puoi ricominciare”.

Pace: questo è il dono che la Chiesa è chiamata a portare, a donare a chi ha sbagliato.

  1. Tutti inviati a perdonare

Anche noi siamo invitati a ricominciare.

E per ripartire abbiamo avuto un’idea.

L’idea di condividere i nostri racconti. Di uscire dal lockdown raccontando che cosa abbiamo vissuto, che cosa è successo quando eravamo “a porte chiuse”.

Liberare i racconti ci aiuterà a ritrovare noi stessi rinnovati da una memoria purificata e da una responsabilità che si rinnova. Faremo eucarestia come memoria a responsabilità: memoria delle esperienze vissute e responsabilità per essere uomini e donne nuovi dopo il Coronavirus.

Ascolteremo nelle nostre eucarestie domenicali dei racconti normali, di qualcuno di noi, chiuso in casa: in quarantena, accanto ad un malato di Covid, o sulla breccia della terapia intensiva, o preoccupato di custodire i suoi, fragili, piccoli anziani o disabili.

Di quale pace hanno bisogno questi tanti fratelli che hanno sofferto?

Quale pace abbiamo bisogno di ricevere noi, di donare agli altri, di invocare dal Signore per il mondo che prova a ripartire?

La missione della Chiesa è questa: portare la pace gratuita e immeritata di Gesù.

Perdonando i peccati, perché chi non riceve il perdono rimane legato al peccato che ha commesso: “a chi non perdonerete non saranno perdonato”. Significa: “se voi non offrite il perdono, quelle persone rimarranno nel laccio del male commesso, schiacciati dal proprio errore, privi della libertà che viene dall’amore che immeritatamente viene donato”.

Possiamo essere una Chiesa che, nata da un perdono immeritato, si permette di non perdonare?

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