Articolo pubblicato su: http://www.settimananews.it/societa/uso-del-quotidiano/

 

Il Qoelet (1,8) dice che tutte le parole si esauriscono o (ricalcando il titolo di un testo) sono “stanche”. Perché portano sulle loro spalle l’intero carico delle relazioni, oggi che non ci si può vedere e incontrare di persona. Allo stesso modo in cui chat e video-lezioni si fanno carico della vista. Olfatto e gusto riguadagnano gli scudi, almeno in Italia, grazie alla riscoperta delle tradizioni culinarie locali. Ma resta il fatto che questo tempo di isolamento sociale a causa del Coronavirus genera inevitabili conseguenze sulle vite ordinarie.

Alcuni mettono in guardia dalla monotonia e dal rischio che i bambini incorrano nell’insonnia; di contro emergerà presto (sempre che già non sia venuto a galla) il burnout di operatori sanitari ed economico-politici che in questi tempi fanno fronte alle due gravi opere devastatrici del virus: la salute e il lavoro.

Qualche indicazione, di base, è emersa in queste settimane. Piace qui riportare due contributi apparsi sul Financial Times che offrono consigli semplici per affrontare la vita quotidiana. Il primo viene da Julia Samuel, una psicoterapeuta inglese che ha lavorato lungamente con persone colpite da lutti.

Mantenere piani a breve termine

Il primo consiglio che la Samuel dà è quello di non guardare ad un futuro troppo lontano. Quando comincerà la Fase 2? Quali saranno gli strumenti economico-finanziari che saranno messi in campo da Governo italiano e Unione Europea? Le notizie sono discordanti (e, in fondo, non può che essere così, di fronte all’imprevedibilità dei comportamenti del virus e ad una politica interconnessa su scala continentale e mondiale). Così è meglio pianificare solo quello che attiene all’oggi e ai prossimi giorni. Guardare al futuro sconosciuto non farà altro che portare alla pazzia…!

Esercizio. Tutti gli studi sulla depressione raccontano che esiste un circuito psichico e uno fisico che si alimentano a vicenda, come due ruote dello stesso ingranaggio. Quando si ferma il fisico, si ferma anche la psiche; e viceversa.

La Samuel dice che bastano anche solo sette minuti di esercizio fisico al giorno, che sono alla portata di tutti anche senza bisogno di uscire di casa. Il corpo, a stare fermo, si stressa: vale per chi è seduto ad una scrivania come per chi si ritrova troppo a lungo su divani e letti. Ma occorre anche fare qualcosa per sollevare l’umore: perché non ballare un po’ in cucina, mentre si prepara il pranzo – suggerisce l’esperta?

Respirazione. Pillola di saggezza per il tempo successivo all’esercizio fisico: respirare in modo controllato per cinque minuti, contando fino a 7 in fase di inspirazione e fino a 11 espirando. Un modo semplice di darsi calma, di distendere il diaframma, di cercare di allontanare il peso sul petto, che così spesso segnala l’avvento dell’ansia.

Gentilezze. In un tempo di stress, così come nella depressione, possono aumentare sia il rimuginare che il sentirsi in colpa. Perché si perde tempo, perché non si è fatto abbastanza, perché una persona è venuta a mancare e nascono tutti i dubbi se si è fatto il possibile… La psicoterapeuta ricorda l’importanza di concedersi qualcosa di piacevole, di regalarsi intenzionalmente qualche dolcezza. Ma ricorda anche che questo tempo può portare a soffocare certi pensieri e certi sensi di colpa con le dipendenze: dai litri di alcol alle abbuffate compulsive di serie TV o dolciumi. Tutto ciò non solo non aiuta, ma acuisce il senso di vuoto.

Connettiti con gli altri. Si corre un grande rischio di isolarsi, in tempi di crisi, o di rivolgersi agli altri solo per aiutare. È necessario un modo di collegarsi agli altri che sia reciproco e salutare, che possa far stare bene, in mezzo alle tante e normali richieste di aiuto che aumentano in questo periodo.

Le videoconferenze

Ma c’è anche un secondo tema che oggi va di moda: quello delle videoconferenze, strumento che vorrebbe sostituire (?) le riunioni in presenza, ma anche le lezioni.

Qui un secondo articolo offre non solo spunti ma anche riflessioni in merito: è di Viv Groskop, giornalista e scrittrice connazionale della Samuel. La quale parte da una considerazione semplice: chi mai aveva utilizzato le piattaforme di videoconferenza prima della crisi? Abitare una stanza virtuale è come essere in TV, dove non è spontaneo essere telegenici e anche i più carismatici manager possono sembrare banali e imbarazzati.

E così la Groskop pone il dito sulla piaga: non si vuole trasformare lo strumento digitale in un inganno che aiuti a fingere che tutto sia come prima? È poi vero che si possano affrontare problemi e affari come prima? Che si riescano a risolvere i problemi concreti? O non si cerca, invece, una connessione continua ma altrettanto improduttiva?

Per questo motivo una domanda essenziale, prima ancora di interrogarsi circa le modalità pratica della riunione, è “perché fare una videoconferenza e con quale scopo?”. «L’idea di trovare il tuo perché non è mai stata così importante», dice la Groskop.

Dopo di che, è necessario partire dalle buone regole di una riunione reale:

  • Avere un conduttore
  • Non consentire interventi lunghi o interruzioni continue
  • Invitare ad intervenire chi resta troppo in silenzio
  • Non dimenticare di avere gli occhi altrui puntati addosso

La Groskop (che probabilmente non ha mai partecipato ad un Consiglio pastorale) suggerisce di non esagerare nella durata delle riunioni: parla di un quarto d’ora, con un’appendice di qualche minuto per decidere. E racconta di una riunione in videoconferenza di quattro ore con otto partecipanti che le ha richiesto tre giorni di digestione e un’ora di terapia per riprendersi.

Lo schermo chiede delle variazioni ogni 18-20 minuti di tempo davanti al video, altrimenti si raggiunge il “sovraccarico cognitivo”. Quando la durata supera questo intervallo, allora occorre una variazione di attività, di tono o di ritmo; o anche la possibilità di un feedback sintetico da parte di tutti i partecipanti.

Infine, alcuni suggerimenti pratici per riunioni virtuali:

  • Non mangiare o bere davanti allo schermo, a meno di non averlo fatto anche in presenza
  • Spegni il microfono quando non dai un contributo
  • Metti la fotocamera all’altezza degli occhi (appoggiando il laptop su una pila di libri se serve)
  • Assicurati che una fonte di luce stia proiettando luce sul tuo viso e non sia dietro di te
  • Comportati come se fossi in un colloquio di lavoro: sii vigile e metti un sorriso nei tuoi occhi
  • Guarda la telecamera, non lo schermo stesso. Se hai difficoltà con questo e hai una presentazione da esporre, copri lo schermo con un giornale per forzarti a guardare la telecamera e non i volti dei tuoi interlocutori.
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