Omelia 5 aprile 2020 – Palme A
Mt 17, 1-9: Sapienti come un asino

  1. L’insospettabile protagonista

Con tutto quello che c’è da dire di Gesù il racconto dell’ingresso a Gerusalemme, nella versione di Matteo che leggiamo oggi nella liturgia di apertura della domenica delle Palme, perde tempo con ’sta storia dell’asina e del suo puledrino.

Sì, c’è qualcosa di bucolico in tutto questo: l’asina legata e con essa il puledro accanto a lei, il Signore che ne ha bisogno e la promessa di riportarla subito indietro, la citazione successiva del profeta, i discepoli che trovano tutto come è stato detto loro…

Insomma: l’insospettabile protagonista del racconto è lei! Un’asina e il suo puledro accanto a lei. Un’asina qualunque, un somaro qualsiasi, preso così, a caso.

Già: ma sarà un caso che al centro ci sia proprio questo particolare?

Forse questa insospettabile protagonista ha qualcosa da dire, anzi di cose da dire ne ha due:

– la prima che un asino non è un cavallo: niente di regale, di aggressivo, di orientato a proclamare un dominio, una superiorità. Gesù è re di pace, non può arrivare a cavallo…

– la seconda è che l’asina è un somaro, una bestia da soma, una bestia adatta a potare il peso. E’ davvero un’immagine di Gesù, colui che porta il peso del nostro peccato, che è venuto a togliere il peccato del mondo caricandolo su di sé.

Sì, non ci poteva che essere un’asina, un somaro per rendere evidente chi sia Gesù, di quale re stiamo parlando, quale regno venga ad inaugurare.

“Chi è dunque costui?” (v. 11).

Con questa domanda si conclude il racconto… e questa domanda ci spiega perché la festa carica di entusiasmo e di agitazione, si trasformerà presto nel suo contrario, diventando ostilità e desiderio di condanna. Un re a cavallo non sarebbe stato facilmente disarcionato; un re pacifico che si presenta su un’asina, invece, delude.

Si fa presto a prendere la distanza da lui appena diviene evidente che Gesù è “un re che delude”. Perché non domina, perché non si presenta nella forza.

 

  1. “Asino che non sei altro!”

Quando frequentavo la scuola elementare in una rigida e antiquata scuola cattolica – non ho un bel ricordo, lo devo confessare – la pedagogia (probabilmente imperante, non solo quella della mia scuola) era forse un tantino punitiva: io ricordo gli epiteti “asino” o “somaro che non sei altro”. Il bambino che non avesse studiato… o che avesse problemi non riconosciuti, il dislessico, ad esempio… era bollato come “asino”.

Così non abbiamo reso giustizia né al bambino né all’asino.

L’uno e l’altro erano forse altra cosa, portatori di altra virtù.

Lasciamo stare il bambino e consideriamo l’asino, la sua virtù meno smagliante di quella del cavallo, meno affascinante di quello, meno attraente.

Sa, l’asino, portare il peso.

E diviene una immagine di Gesù perché Gesù questo fa: porta il peso, il nostro peso.

Del resto che cosa fa chi ama? Porta il peso dell’amato. Sceglie di camminare con l’amato, di condividere la vita dell’amato, di non lasciare solo l’amato, di supportare l’amato in ogni sua difficoltà. Sceglie, chi ama, non solo di godere dell’amato o dell’amata, ma anche di essere aiuto, sostegno, forza per lei, per lui che si ama.

Vorremmo tutti un “asino” accanto a noi.

Uno/una che portasse il nostro peso. Volentieri. Senza lamentarsene. Pazientemente, quotidianamente, fedelmente. Se è piacevole possedere un cavallo di razza, forse però è più benefico aver di fianco un somaro silenzioso e fedele, che porti il mio peso. Come è Gesù.

 

  1. Quel somaro di Gesù

E Gesù che cosa è se non quest’asina?

E’ lei che risponde alla domanda che il Vangelo pone: “chi è costui?”.

Essa risponde: “è colui che ti conosce e porta il tuo peso. E in tal modo ti libera dal tuo male”.

Ecco chi è costui.

L’asina lo sa. Sa che Gesù è questo somaro che si carica del peccato e lo porta per noi.

Perché amare qualcuno significa conoscerlo, soprattutto conoscerlo nel suo limite, nel suo difetto e scegliere di portarne il peso, cioè farsene responsabili.

Ama solo chi conosce e conoscendo si fa responsabile dell’altro.

E questo Gesù ha fatto: ci ha conosciuto in profondità, come il buon pastore conosce tutte le sue pecore, e si è fatto responsabile di noi, portando il peso del nostro male.

Senza condannare, senza lamentarsene.

“Chi è costui?”

Lo sa solo chi fa come costui.

Chi sceglie di amare, di conoscer e di portare il peso.

Che cosa facciamo noi in questo tempo, ferito dal Coronavirus?

L’asina ci guarda, come nel celebre dipinto del buon samaritano di Vincent Van Gohg: anche lì l’asino guarda chi sta guardando il quadro e chiede: tu che faresti? Tu sai “chi è costui?”.

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