Il Consiglio Pastorale di S. Lazzaro di martedì scorso è stato un momento di condivisione e formazione. Nella prima parte dell’incontro ci siamo scambiati le nostre opinioni sul cammino fatto finora. Abbiamo riflettuto sui due incontri con don Ivo (il primo di presentazione della attività dei gruppi impegnati nel percorso di Iniziazione Cristiana – IC –; il secondo con le sue osservazioni e suggerimenti). Il metodo usato sembra utile per aumentare la comunicazione tra i gruppi e immaginare possibili tratti di percorso comuni. Alcune espressioni sono state molto orientative, per esempio quella di “essere pensosamente pratici” (attuare pratiche basate su criteri espliciti e verificarle) o la definizione del Consiglio Pastorale come “organo di discernimento” della comunità (ascolto, valutazione, orientamento delle pratiche per una maggiore coerenza con il Vangelo e con la vita delle persone). Alcuni criteri paiono cruciali: l’essenzialità (ossia il Vangelo come centro di tutto); la missionarietà (ossia l’apertura, non la contrapposizione, al mondo esterno); la comunità come protagonista della IC. Sentiamo che dobbiamo migliorare in diversi aspetti e anche che dobbiamo continuare in questo cammino di riflessione (verso cambiamenti di stile) anche se ora non riusciamo ad avere molte chiarezze. Don Ivo ha posto anche il tema della “rinuncia”: per una maggiore comunione tra i gruppi e per una essenzialità evangelica, occorre che ogni gruppo sia disposto a rinunciare a qualcosa dei propri percorsi e assetti. Su questo, per esempio, ci siamo resi conto che abbiamo molte chiusure.

Nella seconda parte dell’incontro abbiamo iniziato la lettura di un intervento di Enzo Biemmi, in una parrocchia di Milano, lo scorso anno. Titolo: “Generare all’esperienza della fede. Un esercizio di discernimento”. Siamo stati introdotti a questa lettura dalla proposta di un piccolo esercizio di immaginazione: “immaginiamoci nella parrocchia di san Lazzaro nel 2060. Descriviamo con due aggettivi/sostantivi come pensiamo che potranno essere: la fede/presenza cristiana, la parrocchia e la pastorale, la IC, la catechesi. Esercizio coerente con la lettura perché Biemmi, a partire dall’idea che viviamo un “cambiamento d’epoca” e non “un’epoca di cambiamenti”, propone un’analisi di queste realtà nel 1960, nel 2060, nel 2020.

Nel 1960 si era cristiani per nascita, per tradizione; la parrocchia curava le anime; i bambini erano preparati a ricevere i sacramenti; il catechismo era la “dottrina”. Nel 2060 si sarà cristiani per scelta, per conversione; le comunità cristiane saranno piccole e fondate sulle relazioni; la IC sarà rivolta ad adulti e sarà una preparazione alla vita cristiana; la comunità sarà il grembo generativo della fede. Oggi? Siamo un po’ in mezzo: non più come prima e non ancora come dopo. Ci siamo fermati a riflettere su queste prime pagine: ci siamo detti che si tratta di un testo che dà speranza, che orienta alle cose essenziali (l’annuncio del vangelo). Si sente anche l’urgenza di fare ora delle scelte per prepararci a questo futuro ed esserne i costruttori. Consapevoli che la Chiesa non è più la depositaria del senso delle cose e perciò consapevoli che il nostro essere cristiani deve farsi sempre più semplice e vero, sempre più incarnato nella storia e nella vita.

Carlo

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