Note dal Consiglio Pastorale di San Lazzaro

Il Consiglio Pastorale della parrocchia di san Lazzaro ha ripreso i lavori dopo la pausa estiva. Il tema al centro dell’ordine del giorno è stato quello della “iniziazione cristiana”, in sintonia con la Diocesi che ha avviato, per l’anno pastorale in corso, una riflessione su questo argomento. La lettera pastorale del Vescovo Erio (“Se tu conoscessi il dono di Dio”) ha dato il via a questa ricerca. Nella introduzione alla lettera, don Erio declina tre criteri orientativi. Il primo: il contesto di vita è secolarizzato, scristianizzato in modo irreversibile; il secondo: è la comunità nel suo insieme che evangelizza; è la comunità responsabile della iniziazione cristiana, senza deleghe; il terzo: metodi e  strumenti, per il lavoro di iniziazione cristiana, non sono definiti e uguali per tutti ma sono passibili di variazioni da una comunità all’altra. La lettera poi è molto ricca di considerazioni e spunti; ci lasceremo guidare anche da essa, nel tempo (pensiamo a un paio di anni) che dedicheremo al tema.

Abbiamo aperto l’incontro con la lettura di un breve testo tratto da un articolo del gesuita belga André Fossion, dal titolo “Una parabola per il nostro tempo: rimboschire la foresta dopo la tempesta”. Alla fine del 1999, nell’Est della Francia, un uragano distrusse intere foreste (come è accaduto anche da noi, in Trentino e in alto Veneto, alla fine dello scorso anno). Dopo la catastrofe gli specialisti hanno elaborato piani per un rimboschimento che generasse foreste con caratteristiche migliori, come capacità di resistenza e come ricchezza di biodiversità. Ma poi si sono resi conto che in tanti luoghi il bosco aveva fatto da solo e con esiti migliori di quelli attesi dalla pianificazione a tavolino. Così gli ingegneri forestali si sono spesso limitati, nei loro interventi, ad accompagnare e a favorire quello che la natura aveva messo in atto. La conclusione: tre anni dopo l’evento si è potuto constatare che la guarigione naturale delle ferite prodotte dalla catastrofe aveva creato un habitat nuovo e ricco, con la presenza di piante e di animali assenti nella foresta di prima.

Il racconto di Fossion è una bella parabola per il nostro tema. Davanti alla “catastrofe” della scristianizzazione potremmo essere tentati di fare progetti a tavolino e di redigere un programma perfetto di “pastorale”, da calare poi sulle teste dei bambini e dei ragazzi (e delle loro famiglie).

Invece la pastorale deve essere “di accompagnamento”, deve partire dalle richieste, dalle motivazioni, dai vissuti, dalle convinzioni, dalle attitudini e dalle esperienze delle persone “da iniziare”, che devono divenire protagoniste attive.

Dunque, la “parabola della foresta” rimane come una bussola che deve continuamente riorientarci in questo cammino che intraprendiamo in un territorio largamente sconosciuto. La meta? La costruzione di nuovi percorsi di iniziazione cristiana che non siano lezioni scolastiche su elementi dottrinali ma che introducano ad una appartenenza vitale alla comunità credente e che aprano al rapporto personale e appassionato con il Signore.

Già negli incontri che abbiamo avuto prima dell’estate avevamo stabilito che la prima tappa di questo percorso doveva consistere in una conoscenza dei cammini di iniziazione presenti (“catechismo”; scout; gruppo post-cresima) e in una riflessione su questi cammini che permettesse di evidenziare la parti più caduche, quelle più efficaci, quelle da integrare o da modificare, avendo in mente le finalità (la meta, di cui sopra). Così ci siamo divisi in due gruppi e abbiamo cercato di formulare delle domande (da rivolgere ai gruppi della iniziazione) per aiutare la loro narrazione (e la nostra comprensione) e per dare ad essa un orientamento costruttivo. La segreteria del Consiglio userà queste domande per costruire una “griglia” che verrà data a responsabili e partecipanti dei percorsi formativi che così nel prossimo Consiglio Pastorale potranno fare una narrazione del presente aperta a sviluppi possibili e auspicabili. Abbiamo anche trovato un nome per esprimere il senso dell’anno pastorale che ci attende: “Che bello!” a sottolineare coinvolgimento, emozione, passione per questo lavoro e per i frutti che ne speriamo.  

Carlo 

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