Un seme di Vangelo Lc 24,46-53 

Non la prendiamo tanto sul serio la solennità dell’Ascensione. 

Benché sia collocata al più alto grado delle feste cristiane, l’Ascensione non “merita” quell’attenzione che riconosciamo al Natale o alla Pasqua, alla Pentecoste e perfino all’Immacolata Concezione. 

L’ascensione è una festa sottotono, una “solennità feriale”, quasi di passaggio in attesa della Pentecoste. Curiosamente, il suo messaggio non ci piace, smentisce le nostre attese, forse quelle più regressive… Noi continuiamo a dire, infatti, che Gesù è con noi, è sempre con noi. Ed è vero, certo, ce lo dice la conclusione del Vangelo di Matteo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). E, così rassicurati, come a noi piace essere, dimentichiamo che… è anche vero che Gesù non è con noi!, è salito al Padre e la sua è anche una assenza e non solo una presenza… e lo sappiamo bene in realtà che il Signore è assente… e quante volte ci è pesante percepirlo lontano…

Ecco perché questa è una festa sottotono: perché in realtà questa assenza ci pesa, la vogliamo negare, vogliamo continuare a pensare e a dire che il Signore sia con noi, per rassicurarci e sentirci meno soli. 

Eppure i discepoli, immediatamente dopo l’Ascensione di Gesù, sono pieni di gioia. Tornano alla vita di sempre lodando continuamente Dio. Il racconto esprime un’energia che non è propria di chi si è sentito lasciato solo. E’ vero che per un momento se ne stanno confusi con lo sguardo al cielo, immediatamente dopo, però, quello che prevale è la gioia e la gratitudine per l’esperienza che il Signore ha permesso loro. 

I discepoli, infatti, si rendono immediatamente conto di ciò che noi, invece, non cogliamo. 

Si accorgono di essere davanti ad un Dio che benedice la loro avventura

Un Dio, capace di lasciare liberi, di fidarsi di loro, di lanciarli affinché vivano da protagonisti la loro avventura di vita e di fede. 

E’ un Dio che crea spazio, che non ingombra con la sua presenza, un Dio che non soffoca, non opprime, non costringe. 

Egli benedice e se ne va. 

Come a dire: “Mi fido di voi, andate, avventuratevi, inventate, create, prendete liberamente l’iniziativa… 

Un Dio che affida, un Dio che si fida, un Dio che autorizza le avventure che i discepoli vorranno sperimentare. Un Dio che lascia spazio perché loro siano protagonisti. 

Un Dio della libertà, che “sta su di dosso”, che non pesa con la sua presenza troppo ingombrante!

Così ciascuno di noi, ogni discepolo e ogni comunità, è autorizzata ad avere il proprio modo di affrontare la vita e di vivere la sua testimonianza a Gesù risorto che perdona i peccati e rilancia la vita. Ognuno a suo modo, nessuno a “fotocopia” dell’altro! Del resto, lo sappiamo bene, non è possibile copiare un modello (intanto sappiamo bene di non esserne capaci e farlo ci porta ad arrabbiarci o a deprimerci). Ognuno è autorizzato a stare nella Chiesa con la nostra creatività e originalità, con quella gioia di chi desidera non copiare, ma piuttosto di chi è stimolato a tirare fuori il meglio di sé, rischiando la propria responsabilità.

don Ivo

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