La Parola di Dio, nella Lettura odierna degli Atti degli Apostoli, narra la prima grande riunione della storia della Chiesa. Si era verificata una situazione inaspettata: i pagani venivano alla fede. E nasce una questione: devono adeguarsi, come gli altri, anche a tutte le norme della Legge antica? Era una decisione difficile da prendere e il Signore non era più presente. Verrebbe da chiedersi: perché Gesù non aveva lasciato un suggerimento per dirimere almeno questa prima «grande discussione» (At 15,7)? Sarebbe bastata una piccola indicazione agli Apostoli, che per anni erano stati con Lui ogni giorno. Perché Gesù non aveva dato regole sempre chiare e rapidamente risolutive?

Ecco la tentazione dell’efficientismo, del pensare che la Chiesa va bene se ha tutto sotto controllo, se vive senza scossoni, con l’agenda sempre in ordine, tutto regolato… È anche la tentazione della casistica. Ma il Signore non procede così; infatti ai suoi dal cielo non manda una risposta, manda lo Spirito Santo. E lo Spirito non viene portando l’ordine del giorno, viene come fuoco. Gesù non vuole che la Chiesa sia un modellino perfetto, che si compiace della propria organizzazione ed è capace di difendere il proprio buon nome. Povere quelle Chiese particolari che si affannano tanto nell’organizzazione, nei piani, cercando di avere tutto chiaro, tutto distribuito. A me fa soffrire. Gesù non ha vissuto così, ma in cammino, senza temere gli scossoni della vita. Il Vangelo è il nostro programma di vita, lì c’è tutto. Ci insegna che le questioni non si affrontano con la ricetta pronta e che la fede non è una tabella di marcia, ma una «Via» (At 9,2) da percorrere insieme, sempre insieme, con spirito di fiducia. Dal racconto degli Atti apprendiamo tre elementi essenziali per la Chiesa in cammino: l’umiltà dell’ascoltoil carisma dell’insiemeil coraggio della rinuncia.

Cominciamo dalla fine: il coraggio della rinuncia. L’esito di quella grande discussione non è stato imporre qualcosa di nuovo, ma lasciare qualcosa di vecchio. Però quei primi cristiani non hanno abbandonato cose da nulla: si trattava di tradizioni e precetti religiosi importanti, cari al popolo eletto. C’era in gioco l’identità religiosa. Tuttavia hanno scelto che l’annuncio del Signore viene prima e vale più di tutto. Per il bene della missione, per annunciare a chiunque, in modo trasparente e credibile, che Dio è amore, anche quelle convinzioni e tradizioni umane che sono più di ostacolo che d’aiuto, possono e devono essere lasciate. Il coraggio di lasciare. Anche noi abbiamo bisogno di riscoprire insieme la bellezza della rinuncia, anzitutto a noi stessi. San Pietro dice che il Signore “ha purificato i cuori con la fede” (cfr At 15,9). Dio purifica, Dio semplifica, spesso fa crescere togliendo, non aggiungendo, come faremmo noi. La vera fede purifica dagli attaccamenti. Per seguire il Signore bisogna camminare spediti e per camminare spediti bisogna alleggerirsi, anche se costa. Come Chiesa, non siamo chiamati a compromessi aziendali, ma a slanci evangelici. E nel purificarci, nel riformarci dobbiamo evitare il gattopardismo, cioè il fingere di cambiare qualcosa perché in realtà non cambi nulla. Questo succede ad esempio quando, per cercare di stare al passo coi tempi, si trucca un po’ la superficie delle cose, ma è solo maquillage per sembrare giovani. Il Signore non vuole aggiustamenti cosmetici, vuole la conversione del cuore, che passa attraverso la rinuncia. Uscire da sé è la riforma fondamentale.

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