Anche quest’anno un gruppo di ragazzi di I e II media celebrerà la SS. Cresima  precisamente in due giornate (domenica 19 e domenica 26 maggio). 

Per noi coordinatori questo sacramento rischia di significare “tempo di bilanci”: sono finiti gli incontri con i genitori da organizzare, i calendari da compilare e inviare, i momenti di preghiera da preparare, le possibili attività da svolgere con i ragazzi, le proposte di eliminare i sacramenti del nostro anziano parroco; sembra finito un cammino e, in parte, è così. Ci siamo infatti chiesti: ora che succede? Al netto degli impegni che chi, come noi, avrà ancora figli in età di iniziazione cristiana, rimane forte la domanda sul senso di questo percorso. Una domanda non banale, che non deve rischiare di ridursi alla semplice constatazione di efficienza o meno di un metodo: ma viene più gente a messa? I ragazzi poi continuano? Gli adulti poi partecipano alla vita parrocchiale? Escono adulti “formati”? In realtà pensiamo che queste domande siano un po’ troppo clericali e vadano lasciate agli “addetti ai lavori”; la riflessione forse più importante è vedere quanto siamo stati capaci di “fare spazio” nella nostra forma mentale, e poi nella nostra comunità, agli altri, quanto abbiamo permesso che nascesse e piano piano maturasse nel cuore di ognuno un piccolo seme di vita interiore nella fede, quanto una sensibilità diversa potesse “abitare” la parrocchia. Ecco allora che ci vengono in mente tanti piccoli momenti vissuti insieme al nostro gruppo, apparentemente insignificanti, ma che parlano comunque il linguaggio nuovo dello Spirito: la disponibilità iniziale di molti genitori non solo a “fare catechismo” ai propri ragazzi, ma anche a fermarsi con loro per “parlare” della fede nell’attività in famiglia, la vivacità di certi incontri forse non particolarmente approfonditi e partecipati ma ricchissimi di racconti di vita vissuta (anche molto originali), l’intraprendenza nel “mettersi in gioco” senza paura (come quando tutta la famiglia ha “fatto la comunione” con il proprio figlio o si è confessata, a volte dopo molto tempo, come il proprio figlio), e infine la volontà di riflettere su come accompagnare i nostri ragazzi nel maturare una nuova forma di appartenenza alla comunità attraverso il campeggio e/o altre forme di fraternità. Certamente non sono mancate  “ombre” che hanno appesantito il cammino, ma queste, come detto, le lasciamo analizzare agli “addetti ai lavori”, per noi laici forse la constatazione migliore è quella di non “aver perso tempo” inutilmente proprio perché la ricchezza vera è venuta dall’incontro e dalla relazione con gli altri. E questo è il vero motivo per cui diciamo “GRAZIE” ai nostri compagni di viaggio. Ci auguriamo che tutti possano serbare nel proprio cuore, qualunque sia la strada che percorreranno, questa dimensione di dono gratuito, di clima sereno, di ambiente ‘caldo’ e speriamo che i momenti trascorsi insieme possano continuare ad essere “boccate di ossigeno” nella nostra vita. 

Buon cammino, Stefano e Monica

Categories: Approfondimenti