Il mistero della croce mostra Dio in tutta la sua debolezza di fronte al libero agire degli uomini. Ma, d’altra parte, mostra Dio anche nella sua onnipotenza. Perché la risurrezione è l’opera di Dio. Sdegnato dalla sorte toccata a Gesù, gli rende giustizia e testimonianza ridandogli la vita. Risuscitando Gesù, Dio interviene con potenza nel dibattito che lo riguarda. Gesù era dalla parte di Dio o era un impostore blasfemo? Risuscitando Gesù, Dio si schiera e si manifesta a fianco a Gesù. Risuscitando Gesù, Dio dice in qualche modo: «Ero con quest’uomo. Il suo spirito era il mio. Se volete sapere chi sono io, ascoltatelo; se volete sapere in che modo io amo, guardatelo». Così, la risurrezione è rivelazione di Dio. Risuscitando Gesù, Dio si rivela: manifesta chi egli è, comprovando il suo legame unico di paternità a Gesù. E da questo che i cristiani sono giunti a riconoscere Gesù come Figlio di Dio.

Qui si è evidentemente molto lontani da certe teologie sacrificali, che fanno della sofferenza il prezzo da pagare per ottenere la salvezza e ritrovare la benevolenza di Dio. Qui, invece, è Dio stesso che, rispettando fino in fondo la libertà umana, salva dalla sofferenza e dalla morte un uomo che si è reso vulnerabile fino a morire a forza di amare, senza mai cedere al male.

Se Dio si è rivelato così nella persona di Gesù Cristo, allora si può dire che Dio, come lui, ama in modo incondizionato. Le nostre immagini spontanee di Dio si trovano radicalmente rovesciate. Spontaneamente, infatti, conserviamo in noi l’immagine di un Dio rimuneratore, che ricompensa i giusti e punisce i cattivi. Questa immagine di un Dio rimuneratore il vangelo la fa a pezzi. Ciò che Cristo rivela dell’amore di Dio, è che esso viene dato gratuitamente e incondizionatamente prima ancora che noi abbiamo fatto una qualsiasi cosa. Non possiamo meritare l’amore di Dio. Esso viene dato in ogni caso. Impossibile, dunque, spegnere l’amore di Dio per noi! Impossibile sfuggirvi. Nulla ci può separare dall’amore di Dio, neppure il nostro peccato, poiché la benevolenza di Dio consiste nel volgersi verso il peccatore come il buon pastore che giunge a rischiare e a dare la sua vita per lui.

Beninteso, se non ci è possibile spegnere l’amore di Dio per noi, ci è però possibile, per quel che ci riguarda, sottrarci a esso. L’inferno, da questo punto di vista, è uno stato in cui ci possiamo mettere da noi stessi «rinchiudendoci» in esso. L’opera di Dio, quindi, non consiste nel minacciarci l’inferno né nel metterci dentro di esso, ma nel farci uscire da esso. Si è usato e abusato, nella storia della Chiesa, di un Dio che castiga con le pene dell’inferno. In questo sta forse la degenerazione più eclatante del cristianesimo; quella di aver fatto di un Dio di amore un essere mostruoso capace, in una violenza estrema, di infliggere una tortura eterna a dei poveri mortali, ai suoi propri figli rinnegati per sempre. In questo modo si sono imprigionati i cristiani nella paura e si è fatto di Dio, che si definisce amore, un essere immondo e alla fine non credibile. Il Dio del vangelo, in realtà, non vuole e non mette nessuno nell’inferno. Al contrario, in Gesù Cristo, Dio è disceso agli inferi per rotolarne la pietra. Così, si potrebbe dire in modo immaginoso, Dio trascorre la sua eternità a mantenere aperte le porte dell’inferno, affinché i suoi abitanti ne escano fuori. La sua opera sarà compiuta, lo speriamo, quando l’inferno, per la sua grazia e per un libero assenso degli uomini, sarà vuotato di tutti i suoi abitanti.

La giustizia di Dio esiste certamente. Ma è una giustizia che non è mai vendicatrice o vendicativa. La giustizia vendicatrice rende male per male. La giustizia di Dio non è di questa natura. Essa non può fare il male. È una giustizia riparatrice che chiama, nella verità, a risanare la vita laddove è stata ferita. Facciamo un esempio nel campo della vita umana. Se siete genitori e vostro figlio fa del male, prima di tutto voi direte: «Guarda il male che hai fatto e il torto che hai causato». È la prova della verità. Poi, gli chiederete di riparare il male per quanto possibile. È una questione di giustizia. Ma, nello stesso tempo, gli direte di nuovo che lo amate. È una questione di misericordia. Infatti, sarebbe proprio perverso da parte dei genitori dirgli: «Ti amerò di nuovo, ma soltanto quando avrai riparato». L’amore non è legato alla riparazione desiderata. L’amore è dato, in ogni caso, gratuitamente. La stessa cosa è per quanto riguarda il giudizio di Dio: esso unisce verità, giustizia e misericordia. La giustizia di Dio, infatti, fa la verità. Esso invita a guardare in faccia le cose e a riparare per quanto possibile il male che si è potuto commettere. Ma questa giustizia di Dio è anche, da parte a parte, misericordiosa. Ciò vuol dire che l’amore, in ogni caso, rimane offerto in modo incondizionato, oltre ogni sforzo di riparazione. In questo senso, l’immagine della bilancia per rappresentare «l’ultimo giudizio» è profondamente pagana. Nella prospettiva evangelica, l’ultimo giudizio non è uno spauracchio destinato a farci paura. Esso è buona notizia di un amore dato incondizionatamente. E se da parte nostra ci deve essere uno sforzo di purificazione, è quello, molto semplicemente, di adeguarci alla grazia che ci è offerta.

André Fossion, Il Dio Desierabile

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