Un seme di Vangelo (Lc 6, 39-45)

E’ difficile stare davanti a se stessi. 

Preferiamo, di solito, stare davanti agli altri, guardare alle loro vite, a volte con tanta intensità da farci pensare di essere come il protagonista del film “Le vite degli altri” di Florian Henckel von Donnersmarck(del 2006), nel quale Gerd, agente della Stasi, trascorre il suo tempo ad ascoltare cosa accada nell’appartamento di Georg e Christa-Maria. 

E’ facile guardare le vite degli altri. Giudicare le scelte degli altri. 

Il discernimento delle azioni ed intenzioni che muovono gli altri sembra molto più facile e immediato del discernimento delle proprie azioni ed intenzioni. 

La Parola di Dio di questa domenica ci vuole liberare da questa tentazione. 

“Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello?” (Lc 6, 41). 

La parola di Gesù non suona come un’accusa, ma piuttosto come un invito ad avere una più profonda libertà. Anche questa pagina è “vangelo”, cioè notizia buona, notizia liberante. 

Perché guardi l’altro? 

E’ più facile, è troppo facile… Occorre piuttosto guardare se stessi. 

E’ molto più impegnativo, molto più sfidante. 

Quando si chiacchera con amici è facile, troppo facile mettere in luce i difetti dell’altro. 

E’ solo quando l’uomo – solo – riflette su di sé che appaiono i suoi propri difetti.  

Ed è un processo molto più difficile… difficile perché così come siamo acuti nel riconoscere il male che è nell’altro, allo stesso modo siamo ciechi a riconoscere il male che è in noi. 

“Quando un uomo riflette gli appaiono i suoi difetti” (Sir 27, 4): sì, quando ci prendiamo del tempo per esaminare noi stessi, per guardarci davanti ad uno specchio, solo allora i nostri difetti escono dall’oscurità e alla luce della riflessione prendono forma e diventano evidenti ai nostri occhi. 

E se è difficile vedere se stessi, giudicarsi nella verità, questo significa che senza riflessione e preghiera noi rischiamo di diventare guide cieche che accompagnano gli altri nella stessa buca dove stanno cadendo. 

E, curiosamente, il Vangelo ci dice che l’occhi guarisce solo grazie all’orecchio. 

Perché solo un discepolo – uno cioè che ascolta il maestro – sarà ben preparato per vederci bene, come ci vede bene il nostro maestro, il Cristo. 

L’ascolto è quindi quell’operazione grazie alla quale ci accorgiamo della trave che è nel nostro occhio, togliendo la quale possiamo farci compagni e aiuto per gli altri, ingombrati anch’essi nella vista, magari da qualcosa che è infintamente inferiore alla nostra trave. Liberi di vedere potremmo accorgerci, con una nuova intelligenza e una più grande misericordia, che quel difetto che tanto ci faceva arrabbiare e contro cui abbiamo tanto a lungo combattuto è appena “una pagliuzza”.

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