Un Seme di Vangelo (Mc 12, 38-44)

Nel cortile del tempio, al quale avevano accesso anche le donne, erano allineate tredici ceste, in cui venivano gettate le offerte. Ci sono molti ricchi che fanno laute offerte, di cui il sacerdote ripete ad alta voce l’entità, suscitando l’ammirazione dei presenti. E c’è una povera vedova che offre poche monete, tutto quanto possiede. Nessun mormorio di ammirazione… Ma Gesù la scorge e richiama l’attenzione dei discepoli con parole che il Vangelo riserva per gli insegnamenti più importanti: «In verità vi dico». Gesù ha finalmente trovato ciò che cercava: un gesto autentico. Un’autenticità garantita da tre qualità: la totalità, la fede e l’assenza di ogni ostentazione.

Quella povera vedova non ha dato qualcosa del suo superfluo, ma tutto ciò che aveva. Donare del proprio superfluo non è ancora amare. E neppure fede. Donare, invece, fino al punto da mettere allo sbaraglio la propria vita, questa è fede. E infine l’assenza di ogni ostentazione: quella donna non ha dato molto, ha dato tutto, ma il tutto si riduceva a poche monete. Convinta di questo, compie il suo gesto in tutta umiltà. Il povero – di solito – ti dona del suo scusandosi del poco che ha. Succede invece, alle volte, che il ricco dia del suo superfluo facendotelo pesare.

Totalità, mettersi allo sbaraglio e rinuncia all’ostentazione: sono tre atteggiamenti di una religiosità autentica, non virtù morali, ma segni della presenza della fede. La mia fede in quale di queste tre dimensioni deve crescere?

don Ivo (da un’omelia di don Bruno Maggioni)

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