ARTICOLO SEME DEL VANGELO 25 marzo 2018 (Mc 14, 1 – 15, 47)

Marco ha un progetto chiaro nella costruzione del suo Vangelo: dire che Gesù è colui che ci mostra il vero volto di Dio. Per tutto il Vangelo Gesù lotta contro i fraintendimenti di quanti – discepoli, folle, potenti, capi religiosi – vorrebbero un dio (con la ‘d’ minuscola) a loro misura: potente, a servizio dei propri desideri, facile da corrompere con la promessa di ‘buone azioni’. Il Dio di Gesù è completamente fuori da questi canoni, è un Dio scandaloso, animato da una passione per l’uomo tale da portarlo a dare la vita; così, per tutto il Vangelo Gesù vieta a chiunque di chiamarlo Figlio di Dio, preferisce definirsi Figlio dell’uomo. Giunto alla fine, lungo il racconto della passione, le cose cambiano. Gesù dice poche parole, ma tra queste – ben due volte! – svela la sua identità con chiarezza: ‘Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto? Sì, lo sono!’. Ora non è più possibile fraintendere, ora il volto di Dio splende con chiarezza.

E mentre il volto di Dio si rivela, viene alla luce anche ciò che è contenuto nel cuore dell’uomo. È impressionante ascoltare il ventaglio di sentimenti che la presenza di Gesù scatena: c’è una rabbia esplosiva, cattiva, straripante; è la rabbia dei sacerdoti che finalmente possono mettere le mani su Gesù e farne ciò che vogliono; è la rabbia stupida e dozzinale dei soldati, che se possono accanirsi contro un inerme lo fanno senza pietà; è la rabbia della folla, che agisce seguendo la corrente e senza chiedersi il perché. E insieme a questa rabbia c’è l’illusione – che poi diventa paura e fuga – di Pietro; c’è la pesantezza dei discepoli che non riescono a tenere gli occhi aperti; c’è la vigliaccheria di Giuda, che tradisce con un bacio. Il volto di Dio che si svela fa emergere il male contenuto nel cuore dell’uomo. Come è possibile opporsi a questa marea che monta e sommerge tutto?

Marco è molto fine nel rispondere. Ci sono due personaggi positivi, uno all’inizio e uno alla fine. C’è la donna che decide di eccedere e rompe un vaso di profumo pregiatissimo per cospargerne Gesù; c’è Giuseppe di Arimatea che rompe gli indugi e trova il coraggio di presentarsi a Pilato per reclamare il corpo del Signore e metterlo nella tomba scavata per sé. Sono segni piccoli, come piccolo è il segno di donazione fatto da Gesù nell’ultima cena con l’offerta del pane e del vino; questi segni, però, parlano di una vita nuova che cova anche là dove sembra essere sconfitta. Non è un caso che proprio un pagano, il centurione, sveli l’identità di Gesù (‘quest’uomo era figlio di Dio’) e che l’ultimo spazio narrativo sia dedicato alle donne che guardano il luogo della sepoltura e aspettano; saranno proprio loro a certificare che questa storia non è finita e che il male del cuore umano non ha vinto.

Io credo che come cristiani dobbiamo chiederci due cose in questa settimana santa: qual è il volto ‘malato’ che emerge in me stando davanti alla passione di Gesù? In quali aspetti mi ribello davanti ad un Dio così? E ancora: quali segni di vita colgo nel mondo che mi circonda? Quali piccoli indizi mi suggeriscono che Dio è all’opera nella storia con le sue energie di risurrezione?

Buona settimana santa a tutti!

Don Raffaele

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