Un seme di Vangelo (Gv 12, 20-33)
I greci, che volevano sapere chi è Gesù, sono invitati a comprendere il mistero della croce. È interessante notare come per farsi conoscere e svelare la sua persona, Gesù parli della croce. Il mistero da comprendere è dunque la croce. Ma la croce è divenuta, a volte nel nostro modo comune di intendere, semplicemente sinonimo di fatica, di sofferenza e di fallimento. La croce è ben altro. È la manifestazione dell’amore di Dio, della sua comunione e della sua solidarietà nei nostri confronti. Gli scritti di Giovanni ne offrono una testimonianza abbondante: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito» (3,16); «Non c’è amore più grande di chi dona la vita per i propri amici» (15,13).
Come in tutto il vangelo di Giovanni, Gesù parla della croce in termini di gloria: «Quando sarò innalzato», «quando sarò glorificato». La croce è gloria, purché si intenda la gloria dell’amore, non certo la gloria della potenza. Sulla croce vediamo un amore forte, ostinato, che gli uomini cercano di scoraggiare ma che non si lascia scoraggiare. Tutto questo invita a scorgere Dio non anzitutto là dove c’è la potenza, la forza del genio, il fascino della bellezza. Ma là dove c’è l’amore, là dove c’è il seme che muore.
Il Cristo non è sceso dalla croce con schiere di angeli per imporre la sua verità. Non ha usato la sua potenza di Figlio per sottrarsi al rifiuto. Si è affidato alla libertà degli uomini, ha lasciato loro la possibilità di dire sì e di dire no. Tutti si aspettavano un Dio che, proprio perché tale, si imponesse a tutti. Invece Dio ha preferito la via dell’amore che rispetta la libertà, che è il segno obbligato di ogni vero amore.

don Bruno Maggioni

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