Riteniamo utile portare a termine i lavori del 2013?

Domenica 28 gennaio al termine di tutte le messe abbiamo comunicato al tutta l’assemblea che stiamo riflettendo se concludere i lavori del 2013 ripristinando la porta esterna, costruendo una bussola per l’ingresso e edificando il nuovo presbiterio demolendo il vecchio.

Le motivazioni sono state spiegate da don Ivo perché tutti possano parlarne. Poi con l’aiuto del consiglio pastorale, del consiglio affari economici e provando a raccogliere il parere di tutti quelli che vorranno esprimersi cercheremo di giungere ad una sintesi che sia il più possibile condivisa.

Alcune riflessioni emerse nel Consiglio Pastorale Parrocchiale di san Pio del 23 gennaio 2018

La nostra serata è una serata di domande, più che di risposte. Alla fine siamo contenti dell’incontro, ci siamo ascoltati, abbiamo dialogato. A volte abbiamo azzardato pensieri forti, ma questo è stato utile per farci pensare.

Per parlare di parrocchia nel mondo di oggi non è sufficiente che ci sia il prete, dietro a lui ci deve essere una comunità che si mette in ascolto delle persone. Il ruolo dell’adulto è importante. Siamo spronati a partire dalle competenze dell’adulto che si mette in gioco anziché dal soddisfacimento dei bisogni e dall’organizzazione di servizi. Questo è un cambio di prospettiva molto forte.

Concordiamo sul fatto che il vangelo debba occupare una posizione centrale. In questi anni abbiamo cercato di metterlo al centro nella nostra esperienza di vita parrocchiale: il vangelo è la parte più bella e più desiderata. L’omelia in San Pio ci riconduce sempre al vangelo, non riusciremmo più ad accettare un’omelia basata sull’attualità, come a volte succedeva in passato.

E’ tuttavia un limite pensare che per l’annuncio del vangelo sia sufficiente l’ascolto dell’omelia della domenica. Il vangelo dovrebbe essere letto insieme, le diverse esperienze di vita lo valorizzano perché persone diverse leggono in modo diverso.

L’ascolto del vangelo dovrebbe avere una ricaduta sulla comunità, portarci ad una apertura, non dovrebbe nutrire solo la nostra religiosità: una comunità rigenerata dal vangelo e dall’eucarestia riesce a toccare anche la gente fuori, deve rigenerare anche gli altri. Questo accade? Forse siamo noi che per primi dobbiamo convertirci.

Tra il parroco e gli adulti è indispensabile un rapporto di collaborazione, gli adulti sono chiamati ad assumersi la responsabilità di essere membri della comunità parrocchiale, anche questo è un centro del messaggio. Il vecchio modello piramidale di parrocchia con il prete all’apice è comodo, è strutturato sulla passività. Il modello nuovo è scomodo perché richiede protagonismo.

La nostra parrocchia ha bisogno di cambiare: l’operatività di pochi e la passività di molti stancano chi si spende in parrocchia. In un cambio di prospettiva dobbiamo cominciare ad affezionarci alle persone e non ai gruppi, c’è più comunicazione se ci si rivolge al singolo, il messaggio passa di più. È necessario cambiare l’obiettivo: chiamare i ragazzi perché ci interessano i ragazzi non perché bisogna fare delle cose, non perché bisogna tirarli dentro la parrocchia.

Concludiamo l’incontro consapevoli che in questi anni abbiamo fatto tantissimi passi, ma siamo senza una strada, senza un modello. Ci viene ricordata l’immagine di Abramo che deve andare ma non sa dove andrà.

La chiesa sta perdendo la leadership sul tema della spiritualità, dovremmo essere quelli che sanno custodire l’anima, il senso delle cose. Le nostre liturgie sono belle ma sono difficilissime, hanno un linguaggio che è comprensibile solo da chi è iniziato. Una liturgia dovrebbe emozionare, creare un sentimento. Se una liturgia non emoziona non è una liturgia. La chiesa custodisce simboli universali fatti di acqua, fuoco ma anche nel battesimo non si vede nulla, non si capisce la cura del corpo che viene lavato.

Anche se non siamo tanto presenti sul territorio abbiamo cercato di curare le relazioni: se non ci sono relazioni che nascono e rinascono non c’è vita cristiana. Abbiamo fatto dei passi sul vissuto di compassione, anche se è ancora poco. Abbiamo capito che una parrocchia è nuova quando c’è condivisione di potere, ma è difficile rompere con il passato. Abbiamo sperimentato che più cresce la condivisione, più si diventa fratelli e si diventa chiesa.

Concludere i lavori iniziati nel 2013