ARTICOLO SEME DEL VANGELO 26 novembre 2017 (Mt 25, 31-46)
Il Vangelo di oggi ci fa tremare: sembra dirci che non serve la preghiera, non occorre un’appartenenza esplicita alla Chiesa, non è necessario nemmeno riconoscere Dio nella nostra vita. L’unica cosa che conta è ciò che facciamo (o non facciamo) per gli uomini, soprattutto quelli che si trovano in difficoltà. Non è richiesto neppure che si tratti di poveri ‘buoni’; anzi, spesso uno si trova senza niente per errori personali, o in carcere perché ha commesso un reato … Non importa: tutte queste persone sono il vero ‘sacramento’ del Signore e quando vedremo le cose con chiarezza – alla fine dei tempi – questa verità apparirà in modo nitido.
Che ne è dunque delle nostre strutture di Chiesa, delle consuetudini di fede che scandiscono le nostre giornate, dei tanti sforzi per rimanere fedeli a ciò che ci è stato insegnato? Questo Vangelo distrugge in un colpo solo ogni nostra appartenenza!
A Gesù piaceva molto provocare i suoi ascoltatori. Non lo faceva per seminare in loro un senso di paura verso ciò che sarebbe potuto accadere alla fine del mondo; voleva piuttosto che ciascuno si interrogasse a fondo sul proprio agire, soprattutto in materia ‘religiosa’. Questa parabola in fondo non vuole raccontarci quello che avverrà alla fine del mondo (è una parabola!), ma ci fa riflettere sul presente, un tempo in cui le cose sono velate e spesso poco chiare, un tempo in cui vi è il serio rischio di addormentarsi e non capire ciò che veramente conta. Colpisce che né i ‘buoni’ né i ‘malvagi’ abbiano riconosciuto nel povero la presenza del Signore; eppure è così anche nella nostra vita. Quando ci troviamo davanti ad una persona che chiede, possiamo lasciarci toccare o decidere di rimanere sordi. È il Signore? È solo uno scocciatore? Fa poca differenza! Ciò che conta è se noi accettiamo di lasciarci toccare dal volto dell’altro oppure no. Sì, perché l’altro che mi avvicina mi mette in crisi, mi chiede di ridimensionare tempi, spazi e risorse per fargli posto; allo stesso tempo risveglia in me un’umanità e un senso di ciò che vale davvero che altrimenti rimarrebbe sepolto in me. Se poi alla fine dei tempi ci verrà detto che lì c’era il Signore, questo non ci è dato di saperlo ora. Il nostro compito oggi è essere ‘semplicemente’ uomini.
Io credo che il Vangelo di oggi sia in fondo una parola liberante e consolatoria, perché ci dice che Dio non è lontano dalla nostra vita: è sempre lì, disponibile, nel volto delle persone che ci stanno accanto. La via passa per di qua. Dire allora che il vero ‘sacramento’ è il volto dell’uomo non è sminuire i sacramenti; è semplicemente ridare loro quella concretezza che a volte noi perdiamo quando dividiamo il ‘sacro’ dal ‘profano’, il mondo di Dio dal mondo dell’uomo.
Don Raffaele

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