Un seme di Vangelo (Mt 23, 1-12)

Ecco il vangelo.

Inaccettabile, insopportabile!

Sì, il Vangelo è bellissimo, è liberante, è vita piena, ma è inaccettabile per noi!

“Voi siete tutti fratelli”: ecco la parola nuova, viva, piena di promessa.

Siamo tutti fratelli, tutti figli di un’unico Padre. Siamo invitati alla comunione.

Ma questo è inaccettabile: per essere tutti fratelli occorre che nessuno sia sotto, nessuno sia sopra. Che nessuno “leghi pesanti fardelli e li imponga agli altri non volendoli toccare nemmeno con un dito”.

Ma così fanno, purtroppo, le guide del Popolo di Dio del tempo di Gesù…

… o di tutti i tempi?!?

Questo Vangelo, infatti, non parla certo soltanto a scribi e farisei, sommi sacerdoti e anziani del popolo. Parla alle guide del Popolo di Dio di ogni tempo: anche a chi ieri e oggi guida la Chiesa, il nuovo Popolo di Dio nel quale, però, le logiche possono essere quelle vecchie.

“Monsignore, eccellenza, eminenza…”, non sono tanto diversi dai titoli che le guide di Israele amavano e dei quali si beavano… prendendosi a cuore il proprio nome, la propria fama, anziché il nome di Dio.

I titoli, gli onori, le cariche altisonanti, sono un modo per esimersi dalla fatica di portare i pesi che gli altri – i poveretti, la gente umile, il popolo semplice – deve portare.

Non siamo più, allora, tutti fratelli. Ci sono fratelli maggiori (quelli che contano) e fratelli minori (quelli che non contano). Forse fratellastri, o addirittura “sudditi”, come si usava dire!

La legge della chiesa, invece, è “portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo” (Gal 6,2). Al contrario questi uomini religiosi impongono agli altri i pesi e si vestono di titoli gloriosi.

Così distruggono la fraternità.

La fede cristiana, la chiesa sarebbe la vittoria su ogni competizione, su ogni rapporto di dominazione. Sarebbe la vittoria della comunione sulla sopraffazione, sulla lotta di potere.

Così deve essere e così dobbiamo vigilare che sia.

Altrimenti, con i titoli che nella storia abbiamo accumulato e di cui ancora ci gloriamo, distruggiamo la Chiesa di Gesù.

don Ivo

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