A meno di un mese dall’ultima riunione, lunedì 5 ottobre si è di nuovo ritrovato il consiglio pastorale che ha già fissato un altro incontro per il 26 ottobre stesso. Non vi preoccupate (caso mai lo foste….), alla base di questo superlavoro non ci sono motivi particolarmente inquietanti (come la frenesia del parroco che vuole “mettere sotto” i suoi parrocchiani o l’urgenza inderogabile di particolari scelte), bensì la necessità di affrontare temi molto significativi per la nostra comunità. Complice poi di questa duplice riunione è stato anche il fatto che l’ultimo consiglio di Settembre è stato alquanto deludente sia per le numerose assenze sia per la fatica che si è riscontrata nell’affrontare le questioni proposte. Lunedì al contrario il consiglio era al completo e ne è sorta una feconda e arricchente discussione. Don Ivo, dopo la lettura e il commento del vangelo, ha espresso il proprio rammarico per l’andamento del precedente consiglio soprattutto perché si è ricaduti in rappresentazioni che sperava aver superato e cioè del parroco “padre-padrone” della parrocchia al quale è demandato il peso di tutte le decisioni, dalla più pratiche e banali alle maggiormente teologiche e profonde. Senza voler criminalizzare nessuno, ha però sottolineato l’importanza di un confronto serio in cui anche chi alla fine ha l’ultima parola nelle decisioni (come il parroco stesso) senta comunque che tale decisione sia il frutto di una cammino, di un confronto responsabilizzante di tutti e non una sua volontà. Infatti le tematiche proposte riguardavano eccome tutta la comunità ed erano strettamente intrecciate: la decisione riguardante il nuovo presbiterio (se, come e quando farlo), la scelta di celebrare un’unica messa domenicale alle 11 unendo le 10 e le 11.30, infine i cambiamenti riguardanti l’iniziazione cristiana. Don Raffaele ha poi esposto il frutto di una sua riflessione su tali questioni sottolineando come l’intreccio di queste tre tematiche è evidente soprattutto se se ne ripercorre la genesi. Il terremoto ha infatti “costretto” a riflettere sulla disposizione della chiesa imponendo una domanda profonda: rimettiamo tutto come prima o proviamo a disporre in modo diverso perché la chiesa trasmetta maggiormente messaggi di fede alla nostra comunità? L’inizio poi del “catechismo rinnovato” ha comportato l’abbandono di schemi tradizionali (rivolti esclusivamente ai bambini) sostituiti dalla volontà di coinvolgere in primis gli adulti nel cammino di fede dei ragazzi. Questi avvenimenti hanno favorito una nuova consapevolezza anche della stessa celebrazione eucaristica: noi siamo chiamati a non essere più spettatori, ma protagonisti e commensali. Ciò ha significato e significa una sorta di straripamento, una rottura degli argini (per usare un’immagine di Don Raffaele) per cui la comunità si è sentita sempre più interpellata e messa di fronte a riflettere sulle scelte da fare. Proprio la scelta della messa unica è innanzitutto l’esito di questo cammino: è importante che si decida verso quale direzione andare in quanto il rischio di aspettare è quello di non cogliere i segni di cambiamento che la vita ti invia e quindi di perderli definitivamente. Il dibattito che ne è sorto è stato molto ricco: molti hanno condiviso le riflessioni di Don Raffaele mostrandosi d’accordo sulla necessità di celebrare un’unica messa alle 11, altri, pur condividendo l’identico intento, hanno espresso anche le possibili difficoltà di un’unica celebrazione, altri ancora hanno rilevato la necessità di una corresponsabilità maggiore dei parrocchiani soprattutto nel cercare di coniugare sensibilità ed esperienze diverse. Non si è giunti ad una vera e propria conclusione (Don Ivo ha proposto intanto di mantenere la messa unica sdoppiandola solo il giorno delle cresime per vedere come va) ed è questo il motivo della riconvocazione al 26. Tuttavia nessuno è uscito dal consiglio uguale a prima: forse con idee meno chiare o magari con più domande. Ma è questo il rischio che si corre nel momento in cui la comunità veramente si mette in gioco cercando di trovare una strada non solo per camminare, ma anche per camminare insieme evitando un più classico e rassicurante ”tanto ci penseranno i preti….”.

P.S. Per ovvi motivi di spazio il presente articolo ha offerto un quadro molto limitato del consiglio pastorale per cui si consiglia vivamente di leggere il più esaustivo verbale in bacheca

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