Un giorno sono andato in crisi a causa del Padre nostro. Quella preghiera era sulla mia bocca da anni ma non nel cuore. Mi sentivo ipocrita, perché se siamo figli di uno stesso padre, noi uomini e donne dovremmo sentirci davvero fratelli e sorelle. E dei fratelli mangiano insieme, condividono, si aiutano l’uno con l’altro. Questo non avviene. Per un po’ di tempo non recitai più il Padre nostro, ma continuai a pregare per chiedere il perché di tanta indifferenza. Alla fine, fu come una provocazione: «Il mondo non va in questa direzione? Comincia tu!». Ho capito che la chiave per cominciare a vivere quelle parole era restituire parte del mio tempo, dei miei soldi, delle mie capacità. Mi sono chiesto con molta sincerità: «Come posso parlare di Dio e di amore per il prossimo se non do del mio a chi non ha niente?». Non c’erano altre strade. La rivoluzione del Padre nostro parte da qui. Padre nostro è: mi converto e amo gli altri come vorrei essere amato io. Padre nostro è: ascolto come vorrei essere ascoltato io. Padre nostro è: non giudico come vorrei non essere giudicato io. Padre nostro è: trasformarci in fratelli e sorelle capaci di aprire il cuore e condividere. Il Padre nostro non ha il sapore dell’ideologia, ma dell’amore. E l’amore se diventa contagioso può cambiare davvero il mondo. L’ho visto con i miei occhi.

Ernesto Olivero

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