Guardo da lontano e vedo arrivare la potenza del Signore,
come una nube che copre la terra;
andategli incontro e dite: Sei tu colui che aspettiamo,
il Re della casa d’Israele?
Voi tutti, abitanti della terra, figli dell’uomo,
poveri e ricchi insieme,
andategli incontro e dite:
Pastore d’Israele, ascolta,
tu che guidi il tuo popolo come un gregge,
sei tu colui che aspettiamo?
Sollevate, porte, i vostri frontali;
alzatevi, porte antiche: entri il Re della gloria, il Re della casa d’Israele.
(Prima domenica d’Avvento, Ufficio delle letture, responsorio dopo la lettura patristica)

Il responsorio che sigilla l’Ufficio delle letture della prima domenica di Avvento è un’eccellente sintesi degli atteggiamenti che la liturgia fa vivere ai credenti in questo tempo. È l’attesa di un popolo intero, è soprattutto l’attesa di un popolo di poveri, desideroso di abbracciare l’unico che può dargli vita e salvezza. È un’ attesa dinamica poiché egli viene incontro al suo popolo, ma anche il popolo si mette in cammino verso il suo Signore. Dono e impegno come il sentimento di stupore misto a invocazione ardente che permea questa preghiera densa di riferimenti biblici (cfr. Mt 11,3, Sal 49,3, Mt 25,6; Sal 80,2; Sal 24,7.9). Soprattutto l’immagine conclusiva delle porte del tempio è particolarmente efficace per cogliere la dinamica iniziatica del tempo di Avvento. Se il Signore entra solennemente nel suo tempio, come Cristo è entrato nella storia dell’uomo, anche il credente è chiamato a varcare la soglia del rito per accedere per via simbolica al mistero che lo rigenera. L’Avvento, vera soglia dell’anno liturgico, è icona temporale e liturgica di Cristo, porta delle pecore (cfr. Gv 10,9), attraverso la quale i discepoli devono passare se vogliono avere salvezza. Un passaggio necessario nei ritmi e nei simboli per accogliere il Re della gloria e lasciarsi da lui risollevare. Evidentemente l’atteggiamento dellavigilanza è l’atteggiamento fondamentale. Nella celebrazione i tempi si contraggono e la memoria del passato e della lunga attesa di Israele prepara, prelude e, in qualche modo realizza, l’attesa della Chiesa. Pertanto «è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti» (Rm 13,11). Se il sonno è sinonimo di assenza e di incoscienza, la veglia o vigilanza, invece indica presenza e consapevolezza. Non a caso, da sempre, una delle forme celebrative più sentite è proprio quella del pregare vegliando dove l’assemblea “osa” interrompere il modo consueto di vivere la notte, ovvero il riposo e il sonno, per riconoscere nella lode e nella supplica Colui che sempre viene.
La notte, allora, si fa simbolo eloquente della vita credente nella quale è sempre urgente la rottura con il sonno e il buio del peccato e l’apertura allo Sposo che arriva all’improvviso (cfr. Mt 25,1-13; Lc 12,35). È, dunque, desto colui che si prende a cuore le proprie sorti e le sorti del proprio prossimo e sa che la vigilanza, orante e attiva, è la via maestra per accogliere, con rinnovato stupore, colui che sta alla porta e bussa nell’attesa che gli apriamo per poter cenare con noi (cfr. Ap 3,20). In questo “mattino” dell’anno, quale è l’Avvento, il credente si apre alla speranza e si inebria della luce di Cristo: «Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta» (Francesco, Lumen fidei 1).
L’Avvento è proprio il tempo in cui svegliarsi dal sonno, il momento in cui recepire l’annuncio vivo della Parola che chiama alla conversione e a indossare le armi della luce e a rivestirsi di Cristo (cfr. Rm 13,11-14). L’apostolo utilizza un linguaggio altamente evocativo e simbolico (sonno, risveglio, notte, giorno, tenebre, luce, veste) come la liturgia. Simboli, non mere decorazioni poetiche, e pertanto realtà da assumere totalmente in quanto rimandano a Cristo, il Salvatore, Colui che davvero fa passare l’uomo dalla tenebra alla luce. Se l’Avvento sarà vissuto con questa ricchezza di significanti e di significati, allora esso renderà le comunità veramente esperte nell’attesa, abili nell’invocazione e consapevoli nell’incontro con il Signore.

(www.chiesacattolica.it)

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