“La legge poi è intervenuta a moltiplicare la trasgressione; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata” Rm 5,20

Sono appena arrivata in Albania, muovo i primi passi in questa terra in cui l’asperità delle rocce di montagna si sposa con la morbidezza delle onde del mare e,  fin da subito, questa parola di S. Paolo mi accompagna come un ritornello per aiutarmi a significare ogni giorno una realtà dura e molto diversa. Infatti, la storia dell’Albania è segnata da profonde ferite che, ancora oggi, nonostante i passi avanti, condizionano profondamente la vita di questo popolo. A ben guardare, però, i secoli di dominazione turca prima e il regime comunista di Enver Hoxha poi non hanno del tutto sradicato le radici vitali di questa gente, nonostante la loro violenza distruttrice. Difatti, laddove il male e l’oppressione hanno stretto maggiormente la morsa, il bene e la fedeltà di certi albanesi sono emersi con maggiore vigore. Basti pensare ai quaranta martiri albanesi per i quali è in corso la causa di beatificazione: essi hanno resistito alla falce della dittatura di Hoxha che ha fatto dell’ateismo materialista una legge costituzionale, impedendo qualsiasi espressione religiosa e rinchiudendo il paese in una gabbia fatta di ossessioni e fanatismi. Quaranta uomini che hanno pagato con la vita la fedeltà a Dio e alla Chiesa. Il sangue di questi martiri e di tanti che nel nascondimento hanno custodito la fede  risplende e penetra di luce il buio in cui la Chiesa albanese è stata costretta per molto tempo. Allora è proprio così: laddove ha sovrabbondato il peccato, l’efferatezza dell’uomo distruttore che si allontana dalla sua umanità intrisa dello spirito di Dio, ha sovrabbondato la grazia nella forza di questi semplici uomini. Si coglie così come i colpi inferti al cuore di questo popolo non siano solo da dimenticare, anzi, è necessario riscoprire e custodire questa memoria, fatta di peccato e di grazia, luoghi che,  al di là di facili distinzioni manichee, possono restituire al paese la sua forza e rappresentare per gli altri una ricchezza inesauribile.

Ho la grazia di condividere questo cammino con le mie tre sorelle di fraternità e con gli albanesi, soprattutto con i bambini e i giovani del villaggio di Babice e Madhe, in cui si trova la nostra missione, vicino la città di Valona (Vlore), nel sud del paese. Essi sono le luci che cominciano a brillare in questa notte. Ascoltarli, lottare con loro perché il paese migliori, sostenerli nelle scelte più difficili, aiutarli a riscoprire la ricchezza dell’identità albanese senza le facili contaminazioni occidentali, imparare la loro accoglienza, contemplare lo spirito di corpo che esprimono nelle danze popolari, stare di fronte alle durezze e alle rigidità che ancora persistono in certi comportamenti e tradizioni, sono grazie che riceviamo giornalmente e che sto a poco a poco intravvedendo più chiaramente. In fondo, vivere la missione e in missione non significa altro che ascoltare aprendo la mente e il cuore all’alterità assoluta e, in questa totale alterità, contemplare la grandezza di un Dio che è il Signore del mondo, che attende con pazienza l’uomo nelle trame spesso insanguinate della sua storia. La missione non consiste in un semplice aiuto umanitario, come spesso sento dire, non consiste in un’azione di proselitismo per convertire i non credenti, non è un’opera di “modernizzazione” di paesi sottosviluppati, non si tratta nemmeno di una modalità estrema ed eroica per sentirci utili e importanti agli occhi di un mondo disimpegnato e indifferente. La missione è condivisione. Lo stile missionario non è solo quello di quei religiosi in abiti africani fotografati sotto la pianta di banane per certi bollettini che arrivano a casa; lo stile missionario è quello di coloro che vivono condividendo perché colgono in ogni cosa un dono che ci viene dato affinché sia amministrato secondo giustizia e così restituito. Questa strada è per tutti noi, in Italia o all’estero, non importa; ciò che conta è camminare certi che laddove sovrabbondano le nostre miserie e infedeltà, sovrabbonda anche la grazia di Dio.

sr. Sara Capelli

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