Vangelo  Gv 14, 23-29

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

 

 

Se fossi stato al posto di uno dei discepoli in quell’ultima cena, dopo un discorso come quello di Gesù forse anche io avrei chiesto al Signore: ‘Perché devi farti conoscere solo a noi e non ti fai conoscere, invece, a tutti?’. Questa domanda, pur non essendo contenuta nel Vangelo di questa domenica, lo precede immediatamente ed è fondamentale per comprenderne il contenuto. Gesù sta dicendo ai suoi che se ne va ma non li lascia orfani, perché loro lo conoscono, a differenza del mondo, e lui si manifesterà a loro, mentre il mondo non potrà conoscerlo; è un bello smacco per persone che sono venute fino a Gerusalemme per vedere finalmente la manifestazione di Gesù a tutti e l’apertura ufficiale del Regno di Dio!

Ma è un bello smacco anche per noi, che vorremmo che tutti finalmente conoscessero e amassero il Vangelo, che tutti accettassero il nostro stile di vita, che il mondo recepisse i valori di cui noi siamo portatori; del resto, fin dai tempi di Costantino questo è stato il grande progetto di chi voleva una società finalmente cristiana…

Gesù, nel Vangelo, ci insegna che il segreto della vita cristiana non è nell’avere grandi riconoscimenti, ma nel sentire che Dio abita la casa del nostro cuore. E la strada per giungere a questa meta è chiaramente indicata: un amore che sa conservare la sua Parola, che la sa ricordare, la sa tenere come faro davanti alle scelte che ogni giorno siamo chiamati a compiere; un amore, insomma, che permette a Dio di ‘prendere dimora dentro di noi’.

Queste parole di Gesù credo ci lancino molte domande, sia personali che comunitarie. Ne raccolgo semplicemente due: Noi siamo fedeli all’ascolto della Parola? La Parola del Signore è quel riferimento davanti alle situazioni che ci permette di compiere scelte evangeliche? O nelle nostre giornate non c’è il minimo spazio per un ascolto che diventi il nostro ‘pane quotidiano’?

Ancora : il Vangelo ci parla di ‘dimorare’ e questo fa pensare subito alla casa, che per noi è la nostra Chiesa, prossima alla riapertura. Mi chiedo: quale Chiesa vogliamo ‘riaprire’? Una Chiesa dove Dio deve manifestarsi a tutti in modo evidente, in modo che tutti capiscano che ‘noi abbiamo ragione’, o una casa dove c’è spazio per le relazioni personali, per la fedeltà quotidiana alle persone, che magari si nota meno ma costruisce qualcosa di duraturo e liberante?

Pensiamoci in questo tempo finale che ci separa dall’ingresso in Chiesa, perché questa è proprio la pace offerta a noi da Gesù.

Don Raffaele

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