Tutti siamo stati colti di sorpresa. E molti di noi hanno provato sentimenti di sconcerto e di commozione, di perplessità e di ammirazione per l’annuncio che Benedetto XVI ha dato lunedì 11 febbraio. In questa settimana si sono succeduti analisi e commenti, non tutti condivisibili, anche se per la maggior parte ispirati ad un profondo rispetto. Penso che dobbiamo leggere il gesto del Papa secondo la logica di fede che lo ha ispirato. Benedetto XVI, rompendo con la tradizione, ha in realtà fatto quanto il diritto canonico, con sapienza, prevede.  Che un papa, cioè, possa rendersi conto di non essere più all’altezza del servizio che è chiamato ad offrire alla Chiesa. Essere papa, infatti, è un ministero ricevuto per elezione (nel Conclave) e non è un sacramento: e come un vescovo compiuti i 75 anni dà le dimissioni e diviene emerito, così il papa sarà vescovo emerito di Roma. Non sarà un “papa emerito”, ma solo un vescovo emerito, un Cardinale che vista la sua età non avrà nemmeno diritto di voto nel prossimo Conclave. Con questo gesto, che testimonia tutta l’umiltà di Benedetto XVI e il suo amore alla chiesa, egli ci ha detto che la nostra fede dipende dal Signore Gesù e non dal papa; ci ha aiutato a de-sacralizzare il ruolo di colui che è chiamato a reggere sulla terra la Chiesa di Dio, ma non ne è il capo; ha sconfitto quella strisciante idolatria che sempre ci portiamo dentro e ci porta a rendere quasi un idolo coloro che, stando in alto e ricoprendo cariche importantissime, ammantiamo di un’aura di intoccabilità. Benedetto XVI ci ha detto che il papa è un uomo, un servo del vangelo, un testimone di Gesù Cristo, un fratello che è chiamato a servire tutti i fratelli. E con la forza profetica di questo gesto ci ha indicato con chiarezza Colui al quale soltanto dobbiamo volgere il nostro sguardo. Seguendo l’esempio che ci ha dato, anche noi, siamo invitati ad imparare che ogni nostro incarico è solo un servizio e mai una “posizione raggiunta” o un potere acquisito una volta per sempre e che non vi è onore né dignità che altro non siano che l’umile consapevolezza di Giovanni Battista: “egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 30).

don Ivo

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