Kalifa Bernaki è il muratore che, assieme ad altri quattro, sta lavorando alla ristrutturazione della Chiesa. La scorsa settimana, mentre mi mostrava i lavori in corso, gli ho chiesto in che stato fosse il soffitto, ormai rimosso dell’intonaco e dei tavelloni sovrastanti per almeno due terzi. Mi ha risposto  che il soffitto “stava su per miracolo” e che in almeno la metà di quanto hanno rimosso si staccava con un  semplice colpetto. Mi ha mostrato i pezzi di intonaco,  staccati dai tavelloni (“scartellati”) e addirittura alcuni mattoni che, inspiegabilmente, risiedevano lassù accanto ai tavelloni.  Ripensando alle esitazioni della fine di maggio, alle  domande che mi ponevo, chiedendomi se nel chiudere la chiesa non stessi esagerando sull’onda emotiva  del terremoto, mi rendo conto, ora, che è stata invece  una decisione necessaria, perché la vita e la salute di  ogni persona, vale ben più di 500.000 €. E debbo ringraziare chi, in parrocchia, per la sua competenza  e  senso di responsabilità, ha consigliato in tal senso,  dando il via all’oneroso, ma necessario lavoro, di  messa in sicurezza.  Non nascondo poi quanto sia stato difficile pensare di partire con lavori così ingenti, in un momento di  crisi come quello che stiamo vivendo. Ma anche qui, vedendo operai che lavorano e che a casa hanno le  loro famiglie, mi dico che gli stessi sacrifici che facciano noi sono speranza e futuro per loro. Sono contento, perciò, di aver assunto questa decisione e ringrazio davvero tutti: il Consiglio Affari Economici, il  Consiglio Pastorale uscente, e ciascuno di voi che si  sta impegnando perché il luogo in cui ci troviamo a pregare sia sicuro e accogliente per tutti.