ARTICOLO SEME DEL VANGELO 1 ottobre 2017 (Mt 21, 28-32)
Ascoltando la parabola di oggi, verrebbe da chiedersi: ‘Ma è proprio vero che i figli sono solo due? Non c’è una terza possibilità, un terzo figlio che dica sì e vada effettivamente a lavorare nella vigna?’. Sì, perché è difficile accettare di collocarsi dalla parte di colui che si ribella, quando in tanti momenti ci sforziamo di far bene tutte le cose; allo stesso modo, è pesante riconoscere in noi i tratti del figlio apparentemente ligio, perché il Vangelo ne mostra la profonda ipocrisia. E allora, perché non inventarsi un terzo figlio, più simile a noi nei nostri tentativi di seguire una strada buona?
Credo che il Vangelo, con questa alternativa così secca, voglia dirci che dentro ognuno di noi c’è il ‘no’; ognuno di noi ha chiusure, non voglia, opposizione … Il vero punto è cosa facciamo di questo ‘no’. Possiamo far finta di niente, ma il ‘no’ emergerà nei fatti; possiamo invece affermarlo apertamente, con il rischio dello scontro, ma forse questa onestà sarà la via per compiere un cammino di conversione. Gesù lancia una provocazione molto forte alla gente ‘per bene’ del suo tempo – scribi e farisei -: ‘pubblicani e prostitute vi passano avanti nel Regno dei Cieli’. Non è una frase di circostanza, è piuttosto una verità scandalosa, e credo che nessuno di noi accetterebbe di sentirla pronunciata su di sé. Invece per Gesù è così, non perché pubblicani e prostitute siano migliori, ma perché il loro ‘no’ è evidente, non sotterraneo, non mascherato da ‘sì’ … e tale condizione permette loro di sentire il peso del ‘no’ e desiderare un cambiamento di vita. La lotta più dura che il Vangelo ci racconta è proprio la lotta contro i ‘no’ sotterranei mascherati da ‘sì’, la lotta contro l’ipocrisia. Gesù non è mai spaventato dal peccato, qualunque esso sia, perché il peccato può esser perdonato; è essenziale però che esso venga alla luce, altrimenti continua a distruggere silenziosamente dall’interno la vita e le relazioni.
Mi chiedo allora: che ‘figlio’ siamo noi? Da quale ‘figlio’ sono composte le nostre comunità cristiane? Abbiamo il coraggio dell’onestà scomoda del Vangelo? O viviamo piuttosto un’appartenenza esteriore buona, dove i ‘no’ lavorano nell’ombra, esprimendosi magari come passività, poca puntualità, incapacità di vedere i bisogni di chi ci sta accanto?

Don Raffaele

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