In un monastero, in Algeria, vivono otto monaci cristiani francesi, in pace con i loro fratelli musulmani. Ma la situazione cambia. Dopo un sofferto discernimento, decidono di restare al loro posto, costi quel che costi. Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2010.

 

Tra i monti del Maghreb in Algeria è ambientata la storia di otto monaci trappisti francesi che vivono a Tibhirine. Il regista Xavier Beauvois ricorda la loro tragica morte avvenuta durante la guerra civile del 1996. Fino all’avvento di quei giorni drammatici essi ricevono stima e riconoscenza. Le loro giornate trascorrono serene scandite dalla preghiera e dai lavori comunitari. Vivono inseriti pienamente con la gente musulmana dei villaggi. Prendono parte alle loro cerimonie, vendono i loro prodotti al vicino mercato, offrono assistenza medica e aiuto alle persone bisognose, soprattutto a donne e bambini. Man mano però che aumentano le ostilità, il paese sprofonda in un clima di terrore e di morte. La lotta tra l’esercito governativo e i ribelli integralisti provoca tra la popolazione paura e smarrimento. Per i monaci la situazione e le intimidazioni si fanno sempre più pericolose. Sono costretti a ripensare la loro presenza: restare sapendo di rischiare la vita o andar in un luogo più sicuro? Nonostante le avvisaglie di morte i monaci decidono di rimanere. Nella notte del 26 marzo 1996 sono presi in ostaggio in circostanze mai chiarite. I giorni di prigionia e la loro morte restano ancora oggi avvolte nel mistero. Decapitati, i loro corpi non saranno mai ritrovati. Solo le loro teste hanno avuto sepoltura nel cimitero del monastero.

Il film narra uno spaccato di storia vera che parla direttamente al cuore di chi lo guarda. I protagonisti sono persone realmente esistite. Una voce fuori campo legge il vero testamento di padre Christian, priore della comunità. Un silenzio austero, interrotto da dialoghi essenziali e dal dolce salmodiare della preghiera, avvolge ogni cosa. Tutti elementi questi che aiutano a creare un clima di grande realismo. Una verità però che non è solo cronaca ma descrizione trasparente di una realtà profonda che aiuta lo spettatore a calarsi in una dimensione autentica di vita cristiana. Tracciando l’essenza stessa di quell’anelito spirituale che vive in ogni persona, il regista Xavier Beauvois indaga tra la radicalità della vocazione religiosa e la disponibilità della creatura verso il Creatore e i propri simili. Utilizza una narrazione essenziale e asciutta per dimostrare come una fede forte passi sempre attraverso il crogiolo del dubbio e della paura. L’odio può essere purificato solo dall’amore. Mettendo a fuoco la solidarietà, le usanze e la piena fusione della vita dei monaci con l’ambiente che li circonda, il film avvalora la tesi che la convivenza pacifica di fedi differenti è non solo possibile ma umanamente indispensabile. Alla fine del racconto la salita di un drappello di uomini verso la cima innevata di una montagna richiama il cammino verso il Calvario, luogo simbolo della morte ma anche della salvezza. La fede ha sconfitto la morte.