Vangelo  Gv 13, 31-33a. 34-35
Dal vangelo secondo Giovanni
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
 

 

Giuda è appena uscito dal cenacolo: è notte, scrive l’evangelista. Notte nel suo cuore oscuro, notte nella comunità che non capisce il suo allontanamento e notte nel cuore di Gesù, che conosce ora il momento del tradimento dell’amico.

Pietro, immediatamente dopo, farà la grande promessa: “darò la mia vita per te”. Una promessa aleatoria e vacua, parole prive di consistenza, che Gesù smaschera immediatamente.

E lì, in questo contesto di fragilità e di tradimento, Gesù non si lascia travolgere, non deflette dall’intenzione di tutta la sua esistenza e dalla profondità dei suoi sentimenti.

Sì, verrà tradito, ma questa consegna al nemico, proprio questa sconfitta sarà la sua glorificazione perché non la vivrà subendo l’ingiustizia, ma testimoniando in essa la giustizia di Dio e la sua fedeltà. Il Figlio verrà glorificato e Dio in lui è glorificato per la fedeltà che il suo amore saprà manifestare in un contesto di ingiustizia e di infedeltà.

Sì, verrà tradito dai suoi, ma questo venire meno alle promesse reciprocamente fatte non gli impedirà di lasciare loro la sua eredità: anzi proprio questa situazione gli darà l’occasione di dare la consegna dell’amore reciproco, unica  via per non rimanere nella solitudine, nello smarrimento e nella confusione dopo la sua uscita di scena.

Ecco il coraggio di Gesù, la sua forza.

Gesù non è demolito dal tradimento degli amici, non è sconfitto dagli eventi più forti di lui: Gesù li reinterpreta, li vive da protagonista, li assume per dare ancora maggior rilievo alla sua intenzione e alla sua decisione di “amare sino alla fine”.

La forza di Gesù consiste nel fatto che Gesù ha il suo centro “fuori di sé”.

Di cosa, infatti, è preoccupato Gesù nel momento in cui viene tradito da Giuda e da Pietro?

Il suo cuore ha il centro nella volontà del Padre; noi oggi potremmo dire nel senso da dare alla sua esistenza. A Gesù interessa non deragliare, mentre gli amici deragliano. Gesù intende confermare con la sua morte quanto ha fatto con la sua vita. Questa fedeltà è il punto per Gesù. L’importante, per lui, è che la gloria di Dio – il suo amore per gli uomini – si manifesti: il come è relativo!

Il suo cuore ha il centro nel futuro della sua comunità; noi oggi potremmo dire nel bene degli altri, di coloro che lui ama. Di loro si preoccupa e per loro decide le parole che dice. A loro, infedeli e traditori, Gesù consegna una via per non sentirsi abbandonati e soli dopo la sua uscita di scena. Gesù non si preoccupa del fatto che ora loro lo lascino solo: si preoccupa che loro non si sentano soli!

Ecco il centro fuori di sé. Ecco la libertà di Gesù. Ecco la sua appartenenza a Dio, a qualcosa di più grande della stessa tragedia che sta vivendo. Ecco la radice della sua sovrana libertà e del suo inflessibile amore.

Gesù si preoccupa dei suoi, non di sé.

Si preoccupa della buona fama di Dio, non della sua sorte.

Gesù sa amare… al contrario di noi che siamo capaci di “provare sentimenti”, non di rado contraddittori…

 

don Ivo

 

 

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