“Il clericalismo è un tango che si balla in due”. Questa azzeccatissima frase di Papa Francesco può essere considerata il cuore dell’incontro che la nostra comunità ha avuto giovedì 17 settembre con Don Paolo Monzani, che proprio questa domenica riceve l’ordinazione presbiterale. Il titolo dell’incontro, “Quale prete per il Secondo Annuncio?”, rappresenta infatti solo una faccia del complicato rapporto tra una comunità ed il suo pastore. Paolo, con il suo stile fresco, a tratti irriverente, ce l’ha fatto subito notare, chiedendoci di pensare verso quale modello di parroco spinga la nostra comunità. Verso un comandante solitario o un amministratore delegato? Verso un prete sempre in cerca di nuove iniziative o rivolto solo alla preghiera?

Ci siamo subito resi conto che lo stile dei sacerdoti non è mai solo figlio di una predisposizione “caratteriale”, ma deriva dall’immagine che il prete sente di dover dare, da ciò che la sua comunità più o meno consapevolmente gli chiede. Se un prete diventa più un funzionario che un pastore è anche perché è questo che i parrocchiani chiedono; se sembra più un padrone di casa o un titolare d’azienda piuttosto che un fratello in cammino, è anche perché i laici si aspettano che le decisioni, le responsabilità, le direttive, siano a suo appannaggio. Insomma, il modello di prete che abbiamo nella nostra testa rischia di incarnarsi in un parroco “caricatura”; questo, a sua volta, finisce per impostare la vita della comunità secondo uno schema che, a seconda del caso, conduce al volontarismo senza discernimento, o al misticismo o più frequentemente ad una “monarchia assoluta” vissuta da entrambe le parti in un’alternarsi di insofferenza e sollievo.

Ma allora, come uscire da questo corto circuito? Occorre che ciascuno si interroghi sui propri sogni: Paolo, davanti alla domanda su quale prete voglia essere, ha le idee molto chiare. Vuole innanzi tutto essere un prete UMANO, che non sia ridotto ad un robot che fornisce prestazioni e servizi, o preda di mille impegni ed ancor più ansie. Nè d’altra parte vuole essere considerato un super-UOMO, trattato come radioattivo perché attorniato da un’aurea di perfezione in quanto “uomo di Dio”. Semplicemente uomo, in cammino con la sua comunità, con la possibilità di guardare all’altro prima come fratello e poi come parrocchiano. Un prete così può condurre la sua comunità in una danza di vita, accompagnando i laici a sentirsi valorizzati, responsabilizzati, guidati, accolti ed allo stesso tempo invitati ad uscire per portare frutto al di fuori. Insomma, serve innanzi tutto un prete più umano per una comunità del Secondo Annuncio. Per dirla con una preghiera di Don Primo Mazzolari, “Si cerca per la Chiesa UN UOMO”. Un grazie speciale a Don Paolo e a Don Marco che ci hanno accompagnato in questi incontri di inizio anno; a loro va il nostro affetto ed il nostro augurio di poter realizzare, con l’aiuto di quanti li accompagneranno nel cammino, i loro sogni, e costruire passo dopo passo una Chiesa del Secondo Annuncio.

 

Laura e Marco

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