Oggi celebriamo la Pasqua di Risurrezione del Signore, oggi la fede nella speranza introdotta da Gesù nella storia trova dimora nel vuoto di un sepolcro: la quiete dopo la tempesta. Alle urla, gli insulti, i lamenti e i pianti che hanno segnato le tragiche ore dell’arresto e della Passione, si sostituisce l’eco del silenzioso frastuono provocato dalla sparizione del corpo che tanto rumore aveva destato in vita. E’ nel buio della calma di un mattino che si diffonde la notizia che ancora oggi si scontra con la reticenza di chi non crede, di chi fatica a trovare nel buio della fine della vita la luce che accende la speranza. Quante risurrezioni stiamo aspettando! Forse quella del Signore in questa Pasqua di una crisi dura a morire, passa in secondo piano rispetto ai temi che assillano la quotidianità. Si attende ormai da tempo la risurrezione dell’economia dalla stagnante situazione degli ultimi anni; si spera nella rinascita di una politica che accenda le speranze ormai seppellite sotto cumuli di promesse ed impegni mai mantenuti. Vorremmo spostare il masso davanti al sepolcro in cui è rinchiuso da tempo l’ottimismo per vedere se è ancora lì o se è risorto a nuova vita. Aspettiamo la risoluzione di un problema economico, di un rapporto affettivo, di una malattia, ma vediamo solo un vuoto davanti al quale restiamo spiazzati. Sono le ferite della nostra esistenza che non riusciamo a liberare dal sepolcro: vorremmo risorgere, ma facciamo fatica. E’ davanti al vuoto di un sepolcro che però si è riaccesa la speranza: il vuoto lasciato da Gesù ha riempito di certezze tutto ciò che aveva detto in anticipo, ma che non era stato ancora capito. Anche noi fatichiamo a capire il “senso della vita” pervasi come siamo dalle nostre “certezze”, e, forse, è proprio quando queste ci abbandonano che cominciamo a capire Ma capire fa paura, soprattutto quando impone una profonda riflessione, un esame di coscienza sulle effimere sicurezze sulle quali basiamo le fondamenta dell’esistenza: allora per molti è più semplice e comodo rotolare nuovamente la pietra davanti al sepolcro per non impegnarsi in argomenti troppo complicati. Un po’ come il giovane che sorretto dalla freschezza dell’età corre veloce verso la meta, senza però avere il coraggio di penetrarla: il tempo sembra “non avere tempo” quando si è giovani, i traguardi vengono spostati sempre un po’ più in la. E allora il “vecchio” Pietro, sopperisce alla velocità con la lungimiranza di chi ha capito che correre troppo anticipa solo il traguardo finale; meglio per tutti e due entrare nel mistero del sepolcro con la certezza che sarà un vuoto a riempire le speranze di chi aveva creduto in Gesù. E’ il vuoto lasciato da Benedetto XVI nella Chiesa che tanto clamore e apprensione ha generato che, riempiendosi di speranza alla luce dell’elezione di Francesco, ha riacceso la fede in un’umanità quasi rassegnata a vedere la decadenza dappertutto. Credere o non credere resta nella libertà umana una scelta che Dio ha concesso per non incatenare l’uomo. Con la fede o senza la fede tutti arriviamo al traguardo dei giorni della nostra vita: solo allora il vuoto che si prospetta davanti potrà essere riempito dalla speranza che Dio ha introdotto nella storia grazie a Suo Figlio Gesù o rimarrà solo paura che tutto finisca. La Pasqua è il passaggio dalla morte alla vita; è la capacità di rialzarsi anche quando siamo schiacciati dal dubbio e dalle sconfitte. Gesù ce lo ha insegnato e lo ricorda in ogni Pasqua; ogni giorno. E allora, buona Pasqua!