«Abbiamo trovato il Messia». Questo dice Andrea a suo fratello Simone. E noi cosa abbiamo trovato? Dal brano di Giovanni che narra della chiamata dei primi discepoli, in particolare da questo “aver trovato”, domenica 22 febbraio Fra Mauro Ruzzolini ha preso le mosse per la sua riflessione che ha introdotto le parrocchie di San PioX e della Madonna Pellegrina (insieme ad altri coraggiosi di altre parrocchie e diocesi) al cammino della quaresima.

Aver trovato parla di una corrispondenza tra quello che si desidera e ciò che si incontra nella realtà. E il desiderio è il motore di qualsiasi ricerca. “Maestro dove abiti?. È una domanda di discepolato. È un desiderio che parla. È – come dice Antonietta Potente – la vera domanda etica che noi spesso confondiamo con il “cosa debbo fare?”. È una domanda di ricerca continua.

Aver trovato implica l’aver soddisfatto un desiderio. «Abbiamo trovato il Messia». «Abbiamo trovato Dio». Dio sembra la risposta. Ma qual è la domanda? Qual è il desiderio che muove questo aver trovato? Che muove questa ricerca? La religione è ancora desiderabile? E il vangelo?

Da queste domande Fra Mauro ha proposto 5 atteggiamenti religiosi piuttosto diffusi, ma non particolarmente desiderabili. Ci può essere una religiosità cultuale, fatta di riti e liturgie che corrono il rischio di creare una frattura insanabile tra religione e vita quotidiana e che ci possono far dire: “Abbiamo trovato la noia e la monotonia in assemblee liturgiche desertiche”. Esiste una religiosità morale in cui il peccato la fa da padrona e incatena la vita; si rischia di trovare solo il peso di una felicità inarrivabile o illecita. Si potrebbe tentare con una religiosità culturale in cui la religione diventa una bandiera in cui riconoscersi, ma che rischia di creare solo dei nemici a cui opporsi; vi si può trovare la sicurezza di un gruppo chiuso, ma l’alternativa diventa la monopolizzazione del pensiero unico o l’ostracismo e l’esclusione dal gruppo. Ancora non riusciamo a toccare le corde del desiderio. La quarta possibile via è quella di una religiosità ideale, rosea, avvolta in un’aurea di irreale benevolenza che richiede di fare a meno di parte di se stessi perché non rientra nel comportamento ideale che questa religiosità richiede: vi troviamo l’ipocrisia di persone che aderiscono a dei criteri chiusi che l’animo non riesce a gestire. Infine si può tentare un approccio emotivo alla religione in cui, come pennellate di colori intensi, esplodono i bei momenti, le belle oasi a cui segue, però, il deserto della quotidianità: in questo caso troviamo solo l’instabilità delle montagne russe elevata a modus vivendi.

Allora sembra davvero che la religione non abbia più strade da proporci, che non sia più desiderabile. In effetti la religione per purificarsi deve passare dalla fede. La religione che parte dalle mie domande, spesso parziali, deve “uscire” nella fede che non parte da me. Una fede che non è basata sulle mie domande, ma su un evento che mi raggiunge, su un incontro con una persona – Gesù di Nazaret – che cambia la vita, che tocca il nostro desiderio di relazione. Ed è la relazione che può farci cambiare vita perché non è un aspetto parziale, come le 5 domande religiose che abbiamo visto, ma è totale, raggiunge e tocca tutto il mio essere. In questa società abbiamo molto bisogno di relazioni sane che sanno sanare, relazioni libere che sanno liberare. E quella con Gesù può diventare una relazione con queste caratteristiche, perché Gesù è concreto. È talmente concreto che desidera incontrare non solo la parte di noi più carina e buona, quella che tiriamo a lucido per le grandi occasioni. No, Gesù vuole incontrare e amare tutto il nostro essere, anche le zone buie e i cassetti chiusi a chiave da anni. Perché l’amore è totalizzante.

Quando riflettiamo su un brano di vangelo non dovremmo chiederci “cosa mi dice questa pagina del vangelo?”, perché rischiamo di perdere di concretezza. Se il vangelo è concreto allora “il vangelo è…”, “il vangelo dice…”. Questa concretezza possiamo raggiungerla solo se ci mettiamo in un atteggiamento di contemplazione, in una vera e sincera ricerca che ci porti a chiedere chi è veramente Gesù e cosa fa concretamente, liberandoci da tutti i nostri pregiudizi, dalle cose già sentite, dalle paure. Allora forse, potremo dire di aver trovato. Aver trovato qualcosa che corrisponde alla mia ricerca di senso nella vita. La concretezza è ciò che oggi può salvare il vangelo, ciò che lo rende ancora desiderabile.

Fra Mauro ha concluso con queste parole di benedizione: “Che questa quaresima sia un cammino di crescita nella capacità di amare prima di tutto lui, Gesù, il nostro sposo e poi i fratelli che ci sono accanto”.

Buon cammino di concretezza.

 

Matteo Orlandi07