Ascoltare il Vangelo della nascita di Gesù dopo aver vissuto l’esperienza del terremoto ed esser rimasti un anno senza la Chiesa è una cosa che fa molto pensare: tante volte, infatti, leggiamo in modo un po’ ‘romantico’ il  particolare che Maria e Giuseppe dovettero riparare in una grotta, perché non c’era posto per loro nel  caravanserraglio, mentre l’anno scorso, pur non essendo rimasti senza un tetto, abbiamo sperimentato anche noi il  fatto di dover trovare ‘un luogo di ripiego’. È stato un luogo curato, abbiamo sempre cercato di renderlo bello e  tanti hanno lavorato silenziosamente perché fosse accogliente; eppure tutti abbiamo sentito che non era la nostra  ‘casa’…

Credo, allora, che quest’anno l’avvicinarsi del Natale debba suscitare in noi prima di tutto un grande senso di  ringraziamento, perché finalmente possiamo dire di ‘riavere una casa’ per la celebrazione: dobbiamo godercela e  sentire che può essere un luogo buono per celebrare la nostra fede e per costruire la comunione a partire  dall’ascolto della Parola di Dio e dall’Eucarestia. Inoltre, questo Natale deve essere motivo per noi di un’attenzione  più forte per tutti quelli che una casa non ce l’hanno: le tante persone della bassa modenese che ancora non  hanno potuto risistemare la loro casa; le persone che vivono per la strada, anche nel nostro quartiere; quelli che  sono soli e sentono che la ‘casa delle loro relazioni’ è crollata; gli anziani e i malati, che stentano a riconoscere la  ‘casa del loro corpo’. Quello che abbiamo vissuto, dunque, anche se per moltissimi di noi non ha significato la  perdita della casa, ma ‘solo’ di un luogo comune in cui riconoscerci fratelli perché figli dell’unico Padre, deve  diventare per noi uno stimolo, prima di tutto a rendere grazie di ciò che abbiamo e ad averne cura, poi a non  dimenticare i nostri fratelli che vivono nella difficoltà. Solo così costruiremo veramente un luogo adatto ad  accogliere e celebrare il ‘Dio che viene’.

don Raffaele