Vangelo  Lc 17, 5-10

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

 

 

La richiesta dei discepoli con cui si apre il Vangelo di questa domenica è pienamente condivisibile, e credo che ognuno di noi, almeno in qualche momento della vita, abbia fatto la stessa domanda a Dio: ‘Signore, aumenta la nostra fede!’. Nel caso di Pietro e soci il motivo è molto chiaro: Gesù ha appena detto loro che la comunità è il luogo in cui il fratello che sbaglia e si pente merita sempre un’altra possibilità, perché se così non fosse, lo scandalo del peccato pian piano travolgerebbe tutti, con la sua forza distruttrice che non salva niente. Eppure è difficile perdonare, perché il peccato dell’altro mi ferisce e incrina la mia fiducia; anzi, il più delle volte sperimentiamo che perdonare è impossibile, è una cosa superiore alle nostre forze. Ecco perché la richiesta dei discepoli di aumentare la loro fede.

Eppure Gesù dà una risposta che spiazza: la fede che serve è quella del granello di senapa, ossia una fede piccola, ma soprattutto una fede che è concreta, che decide di rischiare. Come il granello dentro di sé ha una grande forza se accetta di morire, così anche la fede del discepolo, se accetta di fare un passo. Penso che il Vangelo, con queste parole, ci chieda semplicemente di essere concreti, di provare, di non stare a pensare che ci manca chissà che cosa, ma di decidere di fare il passo che in quel momento vediamo possibile, perché in fondo la fede è la capacità di muovere un passo nella direzione che sentiamo buona. Quando uno non ha fede sta fermo, quando ha anche solo una piccola fede, cammina.

Ma allora non dobbiamo più chiedere il dono della fede? Certo! Ma intanto siamo chiamati a partire, a camminare, a rischiare nel poco che vediamo davanti; è questa la fede che il Signore fa germogliare, non perché noi siamo bravi, ma come frutto buono nella nostra vita. E questo ci mette al riparo dal pensare la fede come un nostro merito, che ci abilita ad una ricompensa: noi siamo ‘servi inutili’, non perché non valiamo niente, ma perché quello che facciamo non è per una ricompensa, è un dono di Dio che rende ricca la nostra vita comune.

Allora, buona fede piccola, piccola come il granello di senapa!

Don Raffaele

 

 

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