Vangelo Lc 1,39-45
Dal vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
I Vangeli del Natale hanno sempre la capacità di rendere grandi degli eventi che nella nostra vita possono sembrare normali o addirittura banali: le storie raccontate, infatti, appaiono nella loro semplicità come momenti fondanti, e rimangono scolpiti nel nostro immaginario come in quello delle persone che per secoli hanno letto e meditato questi episodi. Così l’incontro tra Maria ed Elisabetta, due donne di Israele in cinta, in quell’anno quindicesimo dell’impero di Augusto, diventa per noi un’icona della vita cristiana e ci insegna cosa significa guardare la vita con gli occhi di Dio. Il Vangelo ci dice che Maria si alza e va in fretta da sua cugina, percorrendo un lungo tratto di strada a piedi, da sola e in fretta. Per quale motivo tanta fretta? Perché Maria ha bisogno di raccontare quello che le è successo, di confrontarsi con chi la può capire, ed Elisabetta è l’unica che si trova nella sua condizione. E appena Maria arriva, sua cugina capisce subito, se lo sente dentro – come possono fare solo le madri! – e riconosce la grandezza di Maria. La cosa bella di questo incontro è che non ci sono invidie, non c’è competizione, ma semplicemente due donne che sentono di aver ricevuto un dono che rende ‘abitata’ la loro vita. È per questo che quando Maria apre la bocca, le sua parole non sono per sé, ma per dare lode alla grandezza di Dio, che opera nella piccolezza, in barba a tutti i potenti di questo mondo. Questo incontro, allora, ci insegna due cose, lasciandoci due domande: prima di tutto che la nostra vita ha senso se è abitata da un amore che sentiamo di aver ricevuto, altrimenti quello che prevale è l’invidia, la lotta, il mendicare l’affetto; poi, che noi siamo capaci di vedere la vita con lo sguardo di Dio nella misura in cui impariamo a comunicare tra di noi la storia di salvezza che Dio attua nella nostra vita, come succede a Maria, che va da Elisabetta per condividere, ne riceve una parola di lode ed è in grado, a sua volta, di ringraziare Dio con le bellissime parole del Magnificat. Mi chiedo, pertanto: da cosa è abitato il nostro cuore? C’è un amore che dà pace alla nostra vita, oppure spesso il nostro cuore è un po’ vuoto e noi siamo come dei mendicanti? Poi, siamo attenti a condividere nei nostri incontri la storia di salvezza che Dio scrive nella nostra vita, oppure il nostro trovarci insieme è più spesso segnato da lamentele e pessimismi?
Don Raffaele