Cos’è stato e cosa può essere oggi il Concilio Vaticano II per la Chiesa e per il mondo? Questo il tema attorno al quale ruota “Il papa, la carezza e la luna”, spettacolo del gruppo di Verona “Il Nardo”, messo in scena il 19 ottobre nella chiesa della Madonna Pellegrina di Modena.

In occasione del cinquantesimo anniversario del concilio il gruppo intergenerazionale guidato da don Marco Campedelli ha reso omaggio ad un evento che ha radicalmente modificato il modo di percepire la Chiesa nel mondo, e soprattutto il modo di essere Chiesa al proprio interno e nel mondo.

Lo spettacolo ha sviscerato questi temi situando la narrazione a due livelli, quello del tempo del Concilio, prima durante e dopo, e quello della storia di personaggi che hanno incarnato con la loro vita il messaggio del Vangelo. Ad accompagnare ed affiancare i momenti di narrazione, la fisarmonica e il canto, e un tipo di teatro giocato sulle immagini, una sorta di istantanee in movimento che creano un’atmosfera di pura poesia.

La cerniera tra i due livelli di narrazione è rappresentata dalla figura di papa Giovanni XXIII. È dalla sua finestra, simbolo di una Chiesa che si apre al mondo, che il papa parla di una carezza: è l’attenzione ai piccoli, a coloro che la gerarchia aveva dimenticato trascurando il fondamento stesso della Chiesa, il Vangelo. Papa Giovanni XXIII pronuncia parole così semplici e vere sotto il segno di una luna che accompagna la sua danza tra gli spettatori, tra la gente e diventa promessa di luce per il nuovo cammino della Chiesa, un cammino di riscoperta, di pace, di dialogo.

Il passaggio da una Chiesa paragonabile al deserto di ossa in Ezechiele a quella fiorita nel Concilio si compie per mezzo di personaggi come Mons. Romero il cui sangue scorre sull’altare insieme a quello di Gesù o come Marianela Garcia Villas, nuova Antigone che dà sepoltura ai corpi straziati. Uomini e donne che seguono con fede il Vangelo e diventano immagine di una Chiesa nuova che parla al mondo e non che tenta di impadronirsene come le due marionette – in un dialogo dagli accenti comici in dialetto veneto – che si fanno nel corso della rappresentazione “maschere” in carne ed ossa.

E oggi? Cosa ne è del Concilio, della sua portata rivoluzionaria? Lo spettacolo risponde con due segni, l’acqua fonte di vita e forza liberante del Vangelo che trasforma il deserto in un giardino di fiori. Fiori che vengono offerti agli spettatori, a voler dire che tanto è stato fatto e tanto, noi in prima persona, possiamo ancora fare per una Chiesa che sia carezza e luce di luna per il mondo intero.

Laura Iacono

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