No, non preoccupatevi, non si tratta di un scoop  giornalistico che anticipa le possibili elezioni di un  nuovo governo in Italia, bensì qualcosa di molto più  semplice. In autunno, infatti, scadrà il mandato del  consiglio pastorale parrocchiale insediatosi praticamente con l’arrivo di Don Ivo. Occorrerà quindi rinnovarlo affinché sempre più la nostra comunità si possa configurare come tale. Ma cos’è il consiglio pastorale parrocchiale? Per rispondere a questa domanda  proponiamo una semplice, ma incisiva relazione in  modo che possiamo renderci consapevoli del valore di  questa istituzione. Avremo poi tempo di esporre gli aspetti tecnici e funzionali di tale organo.

Il Consiglio pastorale parrocchiale (CPP) è uno  degli strumenti con cui oggi la Chiesa cerca di  realizzare la sua missione affinché ogni uomo possa incontrare Dio ed essere salvato da questo incontro. In  primo luogo il CPP è quindi un organismo di comunione perché la comunione, con Dio e tra gli uomini, è la  finalità stessa della Chiesa. Nella comunione tutti i  membri del CPP (il parroco, il cappellano, il diacono, i  rappresentanti delle religiose e dei religiosi, il  presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica, i rappresentanti dei diversi gruppi operanti in parrocchia e i membri eletti dalla comunità) si devono impegnare ciascuno rispondendo alla propria vocazione, ciascuno secondo la propria modalità, tutti condividendo la responsabilità della pastorale parrocchiale. L’attività pastorale è la competenza essenziale del CPP che si cura  di promuovere, animare e verificare gli ambiti di vita  della comunità cristiana – liturgia, catechesi, carità –   nell’impegno e nella speranza di rendere presente l’azione di Dio e l’incontro degli uomini con lui in Cristo,  per la salvezza. Poiché la Chiesa è «popolo di Dio che  cammina nella storia», per dare frutti ogni azione pastorale deve tener conto del contesto storico e territoriale in cui si colloca; ne consegue che i membri del  CPP devono sforzarsi di discernere la realtà in cui vivono e consigliare alla luce della fede su ciò che è buono e bene per tutta la comunità. Di fronte alla complessità della vita odierna, una comunità cristiana, attraverso gli organismi di partecipazione, si rafforza nella capacità di discernere, di orientare, di progettare, di verificare la vita pastorale della propria comunità. Tradizionalmente questo compito si attua, in questi organismi, nella forma del «consigliare».[…] Il consiglio accompagna il credente maturo a mettersi in ascolto del Signore, a ragionare secondo i criteri della fede e alla  luce del vangelo per proporre orientamenti e scelte evangeliche. Per poter esercitare bene il compito di consigliare è importante che ci sia in ciascuno uno spirito  di autentica sinodalità, ossia la capacità di camminare  insieme e di cercare il bene più grande affinché il Vangelo sia annunciato a tutti. In un CPP diventa così importante la parola di tutti, anche delle persone più semplici e meno dotte che vanno ascoltate perché anche loro hanno il dono dello Spirito e sono abilitate a consigliare. […]. Quando una persona entra a far parte del  CPP non è una specie di sindacalista che deve portare  le istanze di una categoria, di un gruppo, o della  «base». Ogni membro del CPP nel momento in cui entra a far parte del Consiglio diventa responsabile assieme agli altri del cammino di tutta la comunità. Viene  chiesta a ciascuno la capacità di guardare all’insieme e  non solo a una parte e di diventare responsabile di tutto. […] Cosa unisce le diverse sensibilità presenti in un  Consiglio pastorale parrocchiale? Il punto di incontro  delle diversità non sta «in mezzo» come se si trattasse  di accontentare tutti, ma si colloca «più in alto» ed è il  piano pastorale della nostra chiesa che un CPP è chiamato a conoscere e realizzare per tutta la comunità. La  Chiesa vive immersa in vicende storiche sempre nuove  con cui deve confrontarsi per poter interpretare e applicare il Vangelo alle nuove situazioni. Esercitare il discernimento è uno dei compiti più importanti e delicati  tra quelli che i membri del CPP devono assolvere. Il  verbo latino discernere, da cui deriva il vocabolo italiano, ha almeno tre significati: distinguere, separare,  decidere.  Fare discernimento significa  distinguere i  segni dei tempi, cioè «i germi del Regno di Dio che  crescono nella storia, gli eventi in cui si manifesta la  divina Provvidenza». Oggi la complessità del vivere,  spesso dominato da una babele di messaggi e di linguaggi, rende impegnativo separare le linee di tendenza prevalenti, talvolta ragionevoli sotto il profilo strettamente umano e a cui siamo fortemente spinti a uniformarci, dai segni dei tempi. Attraverso il discernimento si deve poi  decidere come attuare il Vangelo,  cioè si deve progettare la pastorale. Il discernimento è  un dono dello Spirito, ma lo Spirito ci parla attraverso  le doti umane che il Signore ci ha donato: la capacità  di entrare in relazione attraverso l’ascolto e l’incontro;  la capacità di pensare e quella di valutare. Per quanto  sviluppate le capacità di un singolo consigliere sono  inadeguate al compito richiesto. Discernere, oggi come  nell’esperienza della prima comunità, è possibile solo  attraverso l’esercizio comunitario del discernimento,  nella consapevolezza che Dio si serve di tutti per manifestare la sua volontà.

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