Quattro anni fa partivamo per un viaggio  ricco di incognite. È vivo il ricordo del  giorno in cui Don Ivo ci prospettò un patto di  corresponsabilità rispetto ad un innovativo  percorso, che avrebbe condotto innanzitutto i  nostri figli alla Prima Comunione. Si trattava  innanzitutto di accettare la sfida di una nuova  metodologia di catechesi, fondata su incontri  e su un maggiore coinvolgimento delle famiglie. In ciò recuperando il ruolo centrale della  famiglia nella comunicazione della fede, aiutandoci così a riscoprire un credere adulto in  vista della testimonianza ai nostri figli. Tutti  noi, o la grandissima parte, veniva da esperienze di catechesi connotate da due caratteristiche essenziali: la delega dei genitori alla  parrocchia e un’impostazione scolastica del  rapporto tra catechisti e bambini. Ci venne  chiesto di cambiare completamente registro.  Saremmo diventati anche noi i protagonisti  del percorso di maturazione cristiana dei nostri figli. Ma più complessivamente saremmo  stati parte di un progetto, per tanti aspetti rivoluzionario, nell’ottica di spingere noi adulti  a recuperare un percorso di fede per molti di  noi interrotto o vissuto con superficialità. Ciò,  ci venne spiegato da Don Ivo, in considerazione di un cambiamento di prospettiva, di  orientamento ad una nuova evangelizzazione  da parte della Chiesa (parrocchia), che non  può più dare per scontata una risposta cristiana della e nella società. Ripartendo dall’esigenza di essere Chiesa missionaria, che annuncia nuovamente il vangelo, con un’attenzione che si rivolge principalmente agli adulti,  chiamati ad essere il perno su cui poggia e  cammina la vita cristiana. Con curiosità, molto timore di non essere all’altezza ed anche un  po’ di scetticismo, partimmo. Tra molti alti ed  alcuni bassi la prima tappa del viaggio è stata  raggiunta. I nostri figli hanno ricevuto la Prima Comunione, mentre noi genitori, dopo esserci emozionati e commossi nelle scorse domeniche, siamo impegnati a tracciare un primo bilancio. Positivo per molti aspetti.  Perchè il modo in cui si vive la fede è divenuto più  profondo, ma nello stesso tempo più critico. Perchè ci si sente parte di una nuova comunità. Perchè è vivo un sentimento di corresponsabilità rispetto alla crescita dei nostri figli nel nome di Dio.  Perchè Don Ivo e Don Raffaele sono diventate due  persone di riferimento nella nostra vita. Perchè  sentiamo che i semi piantati nella vita dei nostri  figli stanno crescendo assieme alla nostra ritrovata  tensione cristiana. Ma anche perchè c’è una certa  ansia nell’immaginare i percorsi futuri.

Alberto

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