Terza parte della riflessione di Serena Noceti

Luoghi, soggetti, forme di comunicazione della  fede non sono indifferenti in vista dell’accoglienza vitale del cristianesimo; per secoli ci siamo concentrati su contenuti e su metodi, ma abbiamo trascurato  di tenere in adeguata considerazione i soggetti annuncianti, i luoghi, le forme in cui l’educazione alla fede  avviene. Il modello tradizionale, per altro, rischiava continuamente di delimitare i “luoghi del sacro” e delle  “parole della fede” (la chiesa, l’oratorio) rispetto ai  “luoghi del profano” (la casa, i luoghi di lavoro e di svago), operando così di fatto una immediata ed erronea interpretazione nella coscienza dei soggetti (in particolare  dei genitori che non si sentono adeguati soggetti dell’annuncio cristiano): staccando luogo della fede e luogo  della tematizzazione della fede e pensando secondo  una logica binaria e oppositiva di sacro e profano, non  rispondente alla novità che il cristianesimo porta con  sé di un sacerdozio della vita, di uno stare alla presenza del Dio totalmente santo, sempre, in ogni luogo  e  contesto. Uno degli elementi portanti di questo rinnovato  modello formativo deve essere individuato nel riconoscimento dei genitori quali “primi educatori alla fede”, soggetto di evangelizzazione e non solo destinatario di incontri informativi e formativi, e nella opzione qualificante di pensare alla sinergia educativa di famiglia e comunità cristiana per l’educazione delle nuove generazioni cristiane. Nella determinazione di tale nuovo modello è importante passare dall’attenzione data quasi esclusivamente al contenuto da trasmettere (il “che cosa”) alla rilevanza accordata ai soggetti (al “chi”), ai luoghi (al “dove”) e  alla modalità e linguaggi (al “come”) della proposta di  fede. La modalità di coinvolgimento dei genitori diventa  un primo elemento determinante, una chiave di volta del  rinnovamento catechistico. Se fino ad oggi le parrocchie  hanno ritenuto sufficiente informare i genitori su quanto  veniva proposto ai loro figli, se alcune hanno cercato di  coinvolgerli in alcune decisioni eminentemente pratiche,  in vista della celebrazione dei sacramenti; se molte parrocchie hanno cercato di  collaborare  con i genitori in  attività ricreative e formative per i ragazzi e di sostenere  il cammino e la riscoperta della fede delle famiglie, con  incontri specifici per i genitori (spesso in parallelo con le  tematiche affrontate con i figli), è giunto ora il tempo di  interazioni più forti e coinvolgenti tra genitori,  catechisti, ragazzi, comunità cristiana secondo un modello  di co-educazione alla fede. Si tratta poi di pensare il percorso formativo come percorso “pluri-locato”; se il fine ultimo è quello di  formare una “mentalità di fede” – matura e completa – non è possibile limitarsi a una proposta che avviene solo nei luoghi della vita di comunità (locali  parrocchiali, chiesa, oratorio, etc.): la casa, luogo  degli affetti, della quotidianità, delle relazioni, deve essere riscoperta e vissuta come “luogo ecclesiale”.   La cura e la promozione di dinamiche comunicative sempre multidirezionali, che coinvolgano  tutti i soggetti del processo di co-educazione  (ragazzi, genitori, famiglia allargata, catechisti, presbiteri e diaconi, comunità e operatori pastorali …),  costituisce un medium imprescindibile per nuove  relazioni educative. Una comunicazione che sappia avvicinare il codice verbale al non verbale, al linguaggio simbolico; che consegni la Parola di  Dio a tutti e a tutti dia parola, perché possa darsi integrazione tra vissuto personale di fede e  parole della fede della chiesa. Una comunicazione  che valorizzi i ritmi di vita, le occasioni, i passaggi  chiave dell’esistenza, che sappia far tesoro dei linguaggi del presente per annunciare e comprendere  il vangelo della salvezza.  Essere consapevoli della centralità della famiglia non vuol dire fare di essa l’unico orizzonte:  l’educazione alla fede dei ragazzi è “in famiglia e in comunità”, pensando le famiglie “nella” comunità cristiana e mai al di fuori di essa, quali monadi  avulse o altre dalla chiesa.  Infine, una proposta significativa che tenga  sempre presenti le dinamiche psico-pedagogiche di  apprendimento e formazione comporta di per sé  una articolazione della formazione catechistica di  base in tre fasi successive, che è utile tenere distinte, proprio per le differenti interazioni comunicative e relazionali e il diverso grado di tematizzazione  della fede che in esse si possono dare: 0-6 anni; 6- 11 anni; 12-18 anni.

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