U n elemento di unità tra Antico Testamento  e vangelo può essere rintracciato nella  remissione dei peccati, prerogativa di Dio (Is 43,25;  Mc 2,6) che Gesù attualizza nella sua persona (Mc  2,5). Se la remissione dei peccati è la grande esperienza  di salvezza che all’uomo è dato di fare, la  guarigione fisica del paralitico è il segno dell’autenticità  di tale parola salvifica che Gesù ha pronunciato  su di lui (Mc 2,5.9-11). Nei vangeli le guarigioni  sono sempre segni di una salvezza che si delinea  come comunione con Dio in Cristo per mezzo dello  Spirito e che solo nel Regno troverà la sua pienezza.  Oggi, invece, si osserva un ribaltamento della prospettiva:  la reinterpretazione individualizzante del  rapporto salvezza – guarigione rende la salvezza  metafora di guarigione, un modo di esprimere ciò  che veramente è ritenuto essenziale, ovvero la rigenerazione  personale, il ritrovamento della pienezza  del benessere fisico e psichico.  Il testo presenta il gesto di quattro uomini che  portano il malato a Gesù. Questo gesto di portare il  malato impotente a muoversi da solo, paralizzato  (potremmo aggiungere: costretto su una carrozzella),  combina forza e delicatezza, intelligenza e carità  e crea una partecipazione profonda tra il malato  che accetta di farsi portare e l’accompagnatore che  sceglie di portare il peso del malato. Questa scena è  in verità una bella rappresentazione della solidarietà  che dovrebbe regnare nella comunità cristiana tra  le varie membra del corpo. Esperienza che nella  comunità cristiana tutti fanno è quella di essere portati  perché si è incapaci di camminare da soli. Nelle  nostre debolezze e nei nostri peccati noi siamo portati  da altri, e nella fede sappiamo che Cristo ha portato  noi nelle nostre infermità e nelle nostre trasgressioni.  Scrive Dietrich Bonhoeffer commentando  la parola di Gal 6,2: “Portate i pesi gli uni degli  altri”: “La legge di Cristo è una legge del ‘portare’.  Portare vuol dire sopportare, soffrire insieme. Il fratello  è un peso per il cristiano. Solo se è un peso,  l’altro è veramente un fratello e non un oggetto da  dominare”.

Luciano Manicardi

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