In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnaménto nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Nel Vangelo di oggi le persone si stupiscono, perché Gesù insegna ‘con autorità’ e non come gli scribi. Questa parola nel nostro immaginario suona un po’ male: l’autorità è quella di chi dice le cose senza la possibilità che qualcuno lo contraddica, o quella di chi esercita un potere tale che tutti sono costretti ad obbedirgli. Ma è veramente questa l’autorità di Gesù? Se così fosse avrebbe ragione il demonio a dirgli che lui non ha niente in comune con noi uomini – e che quindi è venuto a rovinarci, dicendoci cose impossibili da fare! Forse per tanto tempo anche come Chiesa ci è piaciuto vedere in Gesù l’autorità di un Dio che può fare tutto ciò che vuole e comanda le cose a suo piacimento; esser portavoci di questo Dio significava esercitare in qualche modo il suo stesso potere sulle persone (sempre a fin di bene, si intende!); il Vangelo, però, ci dice una cosa completamente diversa: Gesù non usa un potere, ma è talmente autentico nelle cose che dice e che fa, che le persone si accorgono della vita che scorre dentro di lui. ‘Non parlava come gli scribi’, perché gli scribi studiavano la Scrittura come un libro di scuola, alla ricerca di interpretazioni raffinate e sempre nuove; Gesù, invece, dava corpo alla Parola nella sua vita, rendendo semplice la Scrittura invece che complicarla. Mi chiedo, allora: noi abbiamo l’autorevolezza di Gesù o cerchiamo di mascherare la nostra scarsa adesione al Vangelo con la ricerca di un’autorità che il mondo non ci riconosce più? E le nostalgie di un mondo passato più cristiano, dove era più facile essere credenti, non sono in questo senso uno spostare il problema? Oggi più che mai il mondo è sensibile ai testimoni e intollerante verso i ‘maestri’: chiediamo al Signore di rendere il nostro cuore più sensibile alla sua Parola, perché la nostra vita diventi una testimonianza autorevole della bellezza della fede.
don Raffaele