I bambini a Messa? A partire da questo interrogativo  (un po’ “inquietante” per alcuni, speranzosamente  liberatorio per altri, in realtà semplicemente provocatorio)  domenica 18 dicembre un nutrito gruppo di famiglie giovani  (con bambini dell’età 0-6 anni) si è ritrovato assieme  a don Ivo per discutere di un tema alquanto d’attualità;  infatti, tale incontro si è reso necessario per affrontare con  maggiore senso di responsabilità le diverse esigenze percepite  in questo ultimo anno nella nostra parrocchia: accanto  a quelle delle famiglie che (grazie a Dio) hanno conosciuto  un boom  demografico notevole,  occorre tenere  conto anche di  tutti gli altri protagonisti  della messa,  dal presidente agli  animatori della liturgia  fino a tutti i  presenti. Ma, ancor  più fondamentale,  è tenere conto del  mistero celebrato,  capire quindi come  rendere grazie al  Signore nel giorno della sua festa. Don Ivo ha fugato subito  le preoccupazioni di alcuni genitori che erano venuti  con un po’ di timore e con la paura di dover subire una  sorta di “rimprovero” a causa dello sconquasso provocato  dalla presenza dei loro pargoli. Anzi, l’approccio problematico  alla questione ha aperto considerazioni per certi  versi sorprendenti e per nulla scontate che susciteranno  ulteriori approfondimenti.  Per entrare in argomento ci si è divisi in gruppi al fine  di confrontarsi sugli agi e disagi dei bambini a messa non  solo a partire dalla famiglia, ma anche soppesando i differenti  punti di vista (è indubbio che la presenza di molti  bambini provoca inevitabilmente un po’ di confusione).  Da tale iniziale confronto è emerso un sostanziale accordo  sul fatto che andare a messa tutti insieme (bambini compresi,  quindi) è ritenuto un momento molto importate perché  non solo dice una volontà di condivisione della propria  fede, ma esprime anche la necessità di trasmettere al  proprio figlio l’essenzialità dell’eucaristia per la propria  vita. Tutti hanno riconosciuto che la messa insieme è un  importante momento di famiglia che non può essere tralasciato  così superficialmente. D’altro canto ci si è resi conto che i bambini, soprattutto quando molto piccoli, non  riescono a “reggere” tutta la messa e inevitabilmente  richiedono un’attenzione continua che distrae non solo i  genitori, ma anche l’assemblea.  Don Ivo ha raccolto le considerazioni emerse sottolineando  gli spunti più interessanti. Innanzitutto ha riconosciuto  come sia fondamentale trasmettere ai bambini  che la domenica è un giorno speciale, tuttavia è importante  attivare modi nuovi per farlo: riprendendo alcune  idee emerse dall’ultimo percorso vicariale, il parroco ha  ricordato che fare festa al Signore non significa solo  spendere un’ora del proprio tempo “prendendo la messa”  (con il rischio di trasmettere così l’idea di una sorta  di “pedaggio”) bensì ridare valore alla giornata domenicale,  vivendola veramente come giornata di festa con  ritmi, occasioni, eventi che stimolino i sensi in modo da  arrivare al senso, che è fare festa a Gesù. La messa è il  culmine di una giornata che, però, deve avere una  “sostanza” differente, che sa più di amore, solidarietà,  attenzione alla persona. E’ questo che deve essere trasmesso  ai bambini, più che, in modo a volte troppo  semplicistico, il “prendere la messa”: ai bambini basta  un segno, un gesto, un’immagine (ovviamente a loro  misura) che però dica questa festa anche perché la messa  è di per sé molto difficile (anche noi adulti fatichiamo  a comprenderla).  Ecco quindi che non è tanto importante che i bambini  stiano in chiesa per tutta la messa se non ci riescono:  anche se si esce dalla chiesa perché il bambino non ce la  fa più, ciò non significa che si perde la messa (parroco  dixit!) sia perché non si può ingabbiare un bambino in  un modello per lui gravoso sia perché il proprio vissuto  liturgico può essere oggetto di condivisione tra moglie e  marito anche in altri momenti (sarebbe bello che un coniuge  racconti all’altro come ha vissuto la liturgia). Più  che sull’attuazione di soluzioni pratiche, a volte vane  (come portare giochi e giochini che distraggano i bimbi)  ci si è poi concentrati su un nuovo modo di vedere il  problema, del tutto inaspettato.  Un bambino, infatti, comprende che la domenica è  un giorno speciale non perché glielo si spiega  “razionalmente”, ma per eventi “tangibili”: non si va  scuola, si sta più con i genitori, si mangia il dolce,  ecc… Allo stesso modo conosce di più Gesù perché  ascolta/vede/tocca/odora/(non ancora)gusta anche solo  un momento dell’eucarestia: il prete vestito con un certo  colore, il gesto della pace, una canzone (è il rito che  educa!). I genitori, quindi, sono chiamati ad essere una  sorta di “mediatori sensoriali” attuando cioè una  “pedagogia dei sensi” in un’età (quella da 0 a 6 anni)  da questo punto di vista estremamente ricettiva in modo  da vivere la domenica come festa donata per sé e  per gli altri. E’ paradossale come da 0 a 6 anni il bambino  non possa venire a messa perché disturba e, quasi  all’improvviso, a 7 si pretenda che invece venga perché  è importante (con la serpeggiante minaccia: niente  sacramenti!). E’ ovvio che nell’adolescenza non voglia  più venire! La nostra pastorale, impostata su un modello  catechistico “scolastico”, fatica a capire che nel mondo  secolarizzato moderno occorre “rieducare” il bambino a  ritmi e segni che dicono la festa della domenica, un  tempo sottintesi, ma oggi del tutto scomparsi.  Non c’è stata quindi una vera e propria conclusione e  questa mancanza effettivamente può aver creato un po’  di disorientamento, tuttavia l’incontro ha suscitato un  nuovo modo di leggere il problema. Il vantaggio? A  differenza di come si era partiti (con l’affermazione delle  differenti sensibilità ed esigenze della nostra assemblea  liturgica) forse la strada intrapresa porterà ad unire  attraverso l’approfondimento di un cammino condiviso  (certamente più difficile) invece che a dividere attraverso  la scelta di una risoluzione immediata (certamente  più facile).

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